Una buona notizia che ridimensiona il clamore della maxi-inchiesta contro la n’drangheta a Verona che il 5 giugno scorso aveva portato a 26 arresti ed a numerosi avvisi di garanzia: Ennio Cozzolotto (a sinistra nella foto Primoweb), direttore generale di Amia, da domattina (lunedì 3 agosto) riprenderà il suo posto ed il suo incarico nella società del gruppo AGSM incaricata della raccolta dei rifiuti di Verona. Raggiunto dalla misura cautelare degli arresti domiciliari il 4 giugno scorso – assieme all’ex presidente di Amia, Andrea Miglioranzi (a destra nella foto Primoweb) – Cozzolotto era stato liberato immediatamente dopo l’interrogatorio di garanzia, con l’interdizione però a ricoprire ruoli in pubblici uffici. Sin da subito, va aggiunto, era stata esclusa la partecipazione dei due al sodalizio criminale, ma restavano alcuni punti di chiarire su alcuni contratti firmati da Amia con, secondo la DDA di Venezia, persone vicine alla potente cosca degli “Arena-Nicoscia” di Isola Capo Rizzuto (Crotone).

Amia, che si era dichiarata estranea ai fatti contestati o, al limite, parte lesa, nell’attesa di chiarimenti aveva affidato le deleghe di Cozzolotto a due dirigenti interni:  Marco Gruberio che aveva assunto i compiti ed i poteri legati alla gestione amministrativa e contabile della società; e  Diego Testi, divenuto responsabile pro-tempore della gestione operativa.

La decisione del Tribunale di cancellare anche l’ultima limitazione in capo ad Ennio Cozzolotto conferma che chiarezza è stata fatta. Una buona notizia per Amia e per AGSM in una fase estremamente delicata: la notizia degli arresti aveva fatto infatti scalpore a livello nazionale e, specialmente, nella comunità delle multiutility col rischio di pregiudicare importanti operazioni ed investimenti.

Nei prossimi giorni si chiarirà il profilo degli altri indagati eccellenti veronesi. Va detto che l’inchiesta della DDA è molto complessa: il boss della ’Ndrangheta che gestiva l’organizzazione nel veronese sarebbe Antonio Gardino detto “Totareddu”, uomo vicino alla cosca Arena-Nicoscia. L’attività del gruppo mafioso – è stato detto da inquirenti e investigatori a Venezia presentando a giugno l’operazione – aveva portato al sequestro di 15 milioni di euro frutto di un’attività volta al riciclaggio ed allo spaccio di stupefacenti, con società fittizie che evadevano il fisco e creavano provviste di denaro.