(di Gianni De Paoli) Sono Davide Bendinelli e Orietta Salemi le punte di diamante ( si fa per dire) del partitino di Renzi a Verona. Il primo arrivato da Forza Italia, la seconda dal Pd. Entrambi si apprestano a chiedere il voto agli elettori per le regionali del 20 settembre.

A questo punto però è bene che i veronesi, che come gli altri veneti al referendum del 2017 hanno votato al 99% in favore dell’autonomia, sappiano che Renzi è nemico del Nord. Come pensare altrimenti guardando quello che ha fatto? In linea con l’impostazione centralista della sinistra italiana, appena mitigata dalla legge “Bassanini” che qualcosina alle istanze autonomiste aveva concesso, Renzi e il Pd si sono battuti per abrogare con referendum la riforma federalista del 2005 del governo Berlusconi, cancellando in un sol colpo tutto ciò che era stato attuato in termini di sussidiarietà e responsabilizzazione nel governo del paese.

Renzi ha confermato la tendenza restauratrice quando la sua maggioranza ha bocciato il referendum per il conferimento dello statuto speciale al Veneto. Poi, a grappolo, c’è stata tutta una serie di sue dichiarazioni contro le regioni che, secondo lui, sono troppe, inutili, sprecone e mal gestite. Come se si potessero mettere sullo stesso piano il Veneto, la Calabria o la Sicilia. Ha poi pensato bene di istituire il Ministero per il Mezzogiorno, con i relativi costi che tutti possiamo immaginare, mentre il suo ministro per gli affari regionali, Boccia, ha fatto di tutto per metter i bastoni fra le ruote nella trattativa per la concessione dell’autonomia al Veneto. Motivo per il quale l’autonomia non l’abbiamo ancora ottenuta. Questa è la politica di Renzi: uno schiaffo al Veneto. E meglio che gli elettori se lo ricordino quando Bendinelli e la Salemi andranno a chiedere loro il voto per le regionali.