(di Giorgio Massignan, VeronaPolis)Verona si è candidata a Capitale italiana della Cultura per il 2022, contando sul il patrimonio artistico e culturale che ci hanno lasciato in dono i nostri avi. Patrimonio che chi ci ha governato dal secondo dopoguerra ad oggi non è stato  in grado di tutelare e valorizzare. In particolare, andrebbe rivisto il ruolo dei musei, inteso come motore socio-culturale ed educativo, in rapporto con la città, per formare un sistema attivo di informazione e di educazione permanente.  Il nostro territorio, con le sue eccellenze culturali, dovrebbe essere inteso come un grande museo diffuso, che si confronta con i cittadini e la città. Non si tratta solo di riorganizzarne la burocrazia, la managerialità o la vendita commerciale del marchio, ma soprattutto di collegare i musei e le realtà storico-culturali cittadine, in un sistema organico con il territorio e le proprie valenze sociali, culturali, produttive e didattiche.

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Uno dei passaggi più importanti per attivare un sistema museale cittadino, è la realizzazione  di tre itinerari museali, i due all’interno dell’ansa dell’Adige e il terzo, storico archeologico, a colle San Pietro. I tre diversi percorsi costituiscono una rete reale di eccellenze culturali che, collegate con le realtà sociali, culturali, produttive e didattiche della città, dovrebbero porre le condizioni per l’inizio di un processo di recupero e valorizzazione delle eccellenze artistiche, storiche e scientifiche presenti sul nostro territorio. Purtroppo,  i diversi complessi monumentali, sono stati considerati staccati dal contesto in cui sono inseriti, quali entità isolate e separate da tutto il resto.

Il risultato è la totale assenza di un piano organico della città e scelte d’uso dei complessi, dettate da convenienze economiche e non da un piano in prospettiva.

Il piano, dovrebbe essere programmato per fasi temporali ed economiche ed i finanziamenti per realizzarlo andrebbero richiesti all’UE che, di fronte a progetti ben studiati ed adeguatamente inseriti in un programma organico di salvaguardia e valorizzazione del nostro patrimonio culturale, difficilmente li negherebbe. Sarebbe sufficiente controllare i tanti esempi all’estero per averne conferma. Nel 2007 l’Europa aveva messo a disposizione dell’Italia, per interventi sulla cultura e sul turismo, per restaurare monumenti, chiese e musei,  oltre due miliardi di euro, da spendere entro il 2015. Se ne sono usati circa il 50%.

La Tomba di Giulietta con il museo degli affreschi; la Gran Guardia quale sede congressuale e di esposizioni estemporanee; il Museo lapidario Maffeiano in piazza Bra; il museo di Castelvecchio, ampliato anche negli spazi ora occupati dal Circolo ufficiali e riportato all’assetto originale progettato dall’architetto Scarpa; e l’Arsenale, quale sede del museo di scienze naturali; costituirebbero un itinerario museale di grande interesse e importanza.

A questo percorso si aggiungerebbero  i Palazzi Scaligeri, quale sede della Galleria d’Arte Moderna ed il Palazzo del Capitano che, nel piano Folin, dovrebbe ospitare un museo della cultura veronese dal periodo scaligero in poi. Uscendo dall’ansa dell’Adige, a colle San Pietro, nel convento quattrocentesco dei gesuiti, a lato del teatro romano, si trova il museo archeologico; e Castel San Pietro, sempre nel piano Folin, dovrebbe diventare il museo della cultura veronese dalla preistoria agli Scaligeri.