(di Marco Danieli) Il Sole 24 Ore, e in genere i commentatori economici, hanno analizzato questa mattina la vicenda delle clamorose dimissioni di Daniele Finocchiaro dal vertice di AGSM come la “resa” della “buona economia” davanti al ritorno della “cattiva politica”. Con le dovute proporzioni, siamo alla narrazione di Tangentopoli con i giornali posseduti dagli imprenditori che mettevano alla berlina i politici, ovvero quegli stessi soggetti che gli editori foraggiavano per avere contratti pubblici, quali responsabili dello sfascio del Paese aizzando loro contro le folle giustizialiste…
Senza divagare troppo, l’abitudine di sputtanare i politici ad ogni occasione è rimasta e le “buone notizie” sono sempre meno di quelle “cattive”: l’esempio sono i titoli sulla ndrangheta a Verona con gli arresti in Amia a otto colonne, e l’assenza della notizia dei reintegro in Amia di uno degli indagati (non colpevole, indagato!) a dimostrazione che quelle accuse non hanno retto alla successiva, doverosa, verifica.
Quindi, si dimette un manager privato e la colpa è della “cattiva politica”. Beh, l’argomentazione non regge, e suona più come l’ alibi di un fallimento, una excusatio non petita, che merita un piccolo ragionamento.
Allora, la politica persegue scopi collettivi, si occupa del bene di tutti, e trova la sua legittimità ad agire dal voto popolare. Deve indicare una strada, un obiettivo, e può delegare ad un non-politico l’esecuzione di questa direttiva. L’indicazione, nel caso Agsm, c’era ed era chiara: chiudere la vicenda annosa della fusione con Vicenza e trovare un partner industriale adeguato per sanare alcuni punti dolenti: il ciclo dei rifiuti, gli investimenti necessari per le future gare di distribuzione gas, quelli necessari per proseguire nella produzione di energia da fonti rinnovabili, la mobilità elettrica ecc
C’era un ordine a chiudere in via esclusiva con A2A? Da fuori pare di sì, il sindaco/azionista dice di no. Valgono allora le carte che ci dicono che proprio l’infungibilità di A2A è stata smentita dal “mega consulente galattico” Roland Berger che oggi parla di fungibilità e apre le porte ad Hera ed Alperia-Dolomiti. E questa è una macchia per il manager che ha difeso alla morte l’infungibilità, in tutte le sedi. Di fatto, è merito della “cattiva politica” se AGSM-Aim hanno da oggi tre offerte da valutare e non una.
La politica si muove per maggioranze che votano a favore o contro. Le maggioranze vanno costruite, passo dopo passo, giorno dopo giorno, coinvolgendo tutti, anche quelli che sono contrari di partenza. C’è stata questa condivisione? Visto da fuori pare proprio di no, se per avere un incontro col manager privato (e i suoi consulenti in doppiopetto) il consiglio comunale ha dovuto fare fuoco e fiamme. Evidentemente si considerava sufficiente l’appoggio di Confindustria (alma mater di Finocchiaro) e della Camera di commercio (presieduta da un altro Confindustriale): è invece proprio quell’appoggio, sparato con una buona dose di arroganza sul giornale di famiglia, senza celare un conflitto d’interesse (il principale competitor di AGSM sul territorio è di Confindustria) che ha fatto incazzare oltre misura la “cattiva politica” che si è sentita offesa in prima persona, violentata nella sua potestà ad agire, rendendole palese che con quel manager – e i suoi sponsor – non era possibile dialogare.
Le colpe della politica in AGSM sono altre e vengono da lontano e sono le stesse che hanno avvelenato la Fondazione Arena: clientelismo, impreparazione delle figure apicali nominate, lentezza decisionale, scarsa attenzione alle problematiche industriali e strategiche del settore, svuotamento degli utili aziendali per coprire spese pubbliche alcune utili altre meno… Ciò nonostante, non è che manchi una cultura aziendale forte: non a caso il presidente dell’ENEA si è fatto le ossa imparando il mestiere in Lungadige Galtarossa…
Ma le colpe del privato sono altrettanto gravi: scarsa attenzione alla tipicità del suo azionista, che non era il ticket sindaco-assessore alle partecipazioni, ma il Consiglio comunale, quelle vituperate forze politiche, le rappresentanze dei cittadini. Non capire chi è il proprio azionista è stato un errore grave che ha condizionato tutto lo sviluppo del progetto oggi abortito. Fermarsi a Confindustria, un secondo. Non aprire per tempo ad altri player italiani, il terzo. Immaginare un socio forte nazionale che chiede quattrini e non ne porta, il quarto…AGSM ha sacrificato diciotto mesi di duro lavoro che hanno stressato la struttura, ma non tutto è perduto. E se è rimasta in piedi, con un appeal forte sul mercato, è merito della “cattiva politica” che quella cultura aziendale, bene o male, ha costruito.
Gli Industriali hanno un ruolo sociale fortissimo, non lo nega nessuno. E sono i benvenuti nella vita pubblica. Ma non hanno il crisma della Santità, non tutto quello che toccano diventa oro. Politici dilettanti, talvolta improvvisati, senza famiglie forti alle spalle, hanno battuto bocconiani dai nobili natali e i portafogli gonfi. Per la democrazia, in fondo, non è una brutta giornata…