(di Giovanni Serpelloni *) Vari studi, conosciuti da tempo e come ha più volte riportato la collega Shelly Miller (ingegnere ambientale presso l’Università del Colorado Boulder), ci dimostrano che le goccioline di droplet (la parte più pesante dell’aria espirata) possono arrivare normalmente oltre il metro tramite il respiro normale, il parlato o il canto. Se poi si imprime una accelerazione all’aria con la tosse o lo starnuto, ci sono prove che tali goccioline possono attivare da 5 a 10 metri di distanza.

In ambiente ventilato forzatamente o con flussi laminari, (supermercati, uffici, scuole ecc.) queste nuvole di droplet possono essere trasportate anche molto più lontano. Se si considerano poi le particelle di umidità più piccole del droplet, si è dimostrato che esse possono fluttuare nell’aria molto più facilmente e contenere virus attivi. Studi significativi su questo sono stati fatti anche nelle stanze delle persone ricoverate con Covid-19. È chiaro che la capacità infettante di queste particelle dipende anche dalla carica virale in essa contenuta che è funzione anche del tempo di esposizione e cioè per quante ore un individuo si espone e respira queste particelle. Alla luce di queste sintetiche, ma molto chiare considerazioni, nel caso delle aule scolastiche, dove lo studente e i professori convivono per almeno 5-6 ore/die, il distanziamento di un metro risulta una misura insufficiente. Così come i 2 metri degli USA e UK, ma anche misure superiori sono insufficienti ad annullare il rischio in tale condizione di ristretta e forzata promiscuità aerea.

Chiaramente tale problema esisterebbe lo stesso con l’uso delle mascherine ma verrebbe comunque ridotto se fosse attuato costantemente. Quindi non resta che prenderne atto: le scuole attualmente (anche con la “geniale” soluzione dei banchi rotanti) non consentiranno di evitare i contagi interni e saranno (come sta avvenendo in tutto il mondo) fonte di replicazione epidemica anche all’esterno. Ora, ma in maniera molto trasparente ed onesta, si tratta di scegliere se accettare questo rischio/realtà ed aprire le scuole (adottando misure preventive che già sappiamo essere comunque insufficienti) o tenerle chiuse mettendo in crisi milioni di genitori per l’accudimento dei ragazzi (con conseguenti assenze dai posti di lavoro) e creando vuoti  educativi e culturali (già gravemente in crisi prima del Covid-19).

Molto onestamente la popolazione deve essere resa consapevole che “scuole aperte” vuol dire accettare comunque un aumento del contagio e mantenimento dell’epidemia, “scuole chiuse” vuol dire invece ridurre tale rischio ma compromettendo altri aspetti compreso quello lavorativo/produttivo. Oltre a questo dobbiamo tenere conto che il sistema scolastico italiano (dal ministero fino alla più piccola delle scuole) non ha capacità, risorse logistiche, umane ed organizzative per affrontare una riconversione ambientale e professionale di questa portata e in così poco tempo. Ad aggravare la cosa, con la riapertura delle scuole arriverà, è il fatto che da settembre milioni di studenti ritorneranno ad utilizzare i mezzi pubblici per recarsi a scuola. Mezzi sovraffollati del tutto insufficienti a garantire la sicurezza dei passeggeri.

Quindi …. non ci resta che piangere?  o, se vogliamo riaprire le scuole, accettare il rischio e le inevitabili conseguenze? Credo che l’Italia, come altri paesi, non avrà alternative purtroppo. Chiaramente il rischio dovrà essere minimizzato mettendo comunque in atto alcune misure cautelative “evidence based” che qui riporto in sintesi:

1. Informazione e comunicazione attiva agli studenti, genitori e insegnanti sulle misure e nuove regole preventive ed organizzative.

2. Uso costante delle mascherine all’interno della scuola, con messa a disposizione di tali presidi nelle singole classi.

3. Lavaggio e disinfezione delle mani subito dopo l’entrata a scuola e prima dell’uscita

4. Distanziamento tra i banchi (fissi e non rotanti) di almeno due metri, con ristrutturazione e modifica ambientale.

5. Riduzione del “tempo classe” con introduzione di una parte della didattica online. 

6. Arieggiamento frequente dei locali . Non utilizzo della funzione di “riciclo” negli impianti di raffreddamento e riscaldamento. 

7. Disinfezione quotidiana delle superfici. Ogni studente potrà provvedere al proprio banco. 

8. Controllo quotidiano della temperatura degli studenti e insegnanti. Se sintomi, la persona viene temporaneamente sospesa ed inviata dal suo medico.

9. Test anticorpali di entrata e molecolari settimanali agli insegnanti

10. Se studenti o insegnanti con conviventi positivi, temporanea sospensione

11. Supporto psicologico per studenti ed insegnanti.

12. Vietare l’accesso fisico a personale esterno alla scuola, se non indispensabile 

13. Colloqui con genitori esclusivamente online o con sistemi interni videodifferiti. Queste potrebbero essere le principali indicazioni utili per ridurre (ma non annullare) il rischio. Anche se personalmente e onestamente ritengo che purtroppo, da un punto di vista strettamente sanitario, non ci siano le condizioni per una riapertura in sicurezza delle scuole(* Direttore del Neuroscience Clinical Center)