(di Giorgio Massignan, VeronaPolis) Esattamente 86 anni fa, il 25 agosto del 1934, un violento nubifragio causava il crollo di un suggestivo edificio di via Sant’Alessio, la stessa zona sommersa domenica dalla tempesta. Val la pena ripercorrere, in questa ricorrenza, il legame che unisce Verona al suo fiume. Verona, infatti, non si può capirla se non la si collega alle attività che l’Adige le consentiva di svolgere. Il fiume era navigabile fino a Trento ed ha rappresentato, nei secoli, la principale via di comunicazione tra i territori a nord e quelli ad est di Verona. E’ servito come approdo per le merci, le persone, i caselli daziari e come barriera difensiva.  

Verona era stata una città d’acqua, composta da tante isole. Quella più grande conteneva il quartiere di  Città Antica, racchiuso dall’ansa del fiume e delimitata dal canale Adigetto che, correndo parallelo alle mura viscontee, da Castelvecchio raggiungeva, in linea retta, l’Adige a Porta Vittoria. All’altezza della chiesa di Sant’ Eufemia c’era un’isola sabbiosa, dove un piccolo canale faceva funzionare una pileria di riso ed una segheria, da cui il nome di Via Seghe Sant’Eufemia. Nell’attuale zona di piazza Isolo, c’erano due isole adiacenti, la più grande, di San Tommaso, iniziava dal Redentore per giungere al ponte Navi, mentre la più piccola, Isolo dell’Acqua Morta, partiva sempre dal Redentore, veniva contenuta dal canale Seghe di San Tommaso, che alimentava la forza motrice di alcune segherie e poi rientrava nel canale maggiore alla fine dell’attuale Piazza Isolo.  Sull’Adige c’erano cantieri navali, mulini galleggianti, idrovore, depositi merci, piccole industrie e attività artigianali.   I diversi mulini erano costituiti da una ruota a pale e da una baracca che ospitava la macina. Il collegamento con la riva avveniva tramite un ponticello. Nel 1800, complessivamente nel territorio comunale, superavano le 400 unità.

Tutto questo sino al 1882  poi, dopo la grande piena del 1882 ed i lavori per la costruzione degli argini e di interramento di vari rami dell’Adige, terminati nel 1894, di quella Verona non è rimasto quasi più nulla. Le stesse vie che portavano al fiume, dove sostavano i mulini, furono interrotte. Emblematici sono i vo’ di Sottoriva che, prima degli argini, si concludevano alla riva del fiume e che da allora sono interrotti dal muraglione.

Durante la piena del 1882, oltre i due terzi della città vennero sommersi e l’Amministrazione Comunale decise di “canalizzare” l’Adige nel suo tratto urbano, per impedire altri straripamenti. Fu così approntato il progetto per la costruzione degli argini di difesa, i cosiddetti muraglioni. Con la costruzione dei muraglioni, che certamente misero in sicurezza la città, Verona subì una radicale trasformazione urbanistica, che relegò l’Adige, sino ad allora protagonista e padre della città, a diventare un canale isolato ed estraneo alla stessa.

Furono cancellate le successioni di case sulla riva dell’Adige fornite di portici per le barche e per le merci, così come gli opifici che ricavavano l’energia dalla corrente del fiume, i magazzini, le botteghe artigiane e le piazzole dei mercati che ricevevano le merci trasportate con le barche. Furono interrati tutti i rami minori dell’Adige. La parte dell’Adige che attraversava il centro storico e che veniva paragonata al Canal Grande di Venezia, non esisteva più.

Il  25 agosto del 1934, un violento nubifragio causò il crollo di un suggestivo edificio di via Sant’Alessio, causando alcune vittime. L’ Amministrazione Comunale, nei primi giorni del 1935, iniziò ad abbattere  tutte le case sull’Adige, nonostante fossero in  buone condizioni statiche ed a costruire una scarpata inclinata di difesa dalle acque e, tra il 1932 ed il 1936, fu realizzato il completamento degli argini dell’Adige della sponda di sinistra, da Parona al ponte Pietra.   Questo intervento venne contestato dal Consiglio Superiore delle Antichità, dalla Sovrintendenza alle Belle Arti, oltre che da parecchi intellettuali e artisti veronesi, guidati dal pittore Angelo Dall’Oca Bianca. Tentarono in tutti i modi democratici di bloccare la demolizione di quelle case, che avrebbe definitivamente compromesso un paesaggio unico per Verona, ultima e per questo preziosa testimonianza del legame fra la città e il suo fiume. Forse, con la costruzione di canali di scolmatura, a nord della città, si sarebbe potuto controllare a monte la portata dell’Adige ed evitare la trasformazione della città.

Questa breve carrellata storica, per invitare le nostre Amministrazioni a mettere in luce, con progetti adeguati, il ruolo del nostro Adige nella formazione di Verona.