(di Gianni De Paoli) Non riesco a non indignarmi. E’ troppo grossa. Anche se è successo a Modica, lontano mille chilometri da qui, è come fosse successo sotto casa mia. E sono indignato. Anche se l’indignazione è passata di moda. Ma se un popolo non riesce più ad indignarsi, c’è da dormire preoccupati per il suo futuro, che poi è il nostro. L’omicidio del bambino di un anno e mezzo ucciso a botte, per il quale sono stati arrestati il convivente della madre e la madre stessa, non può passare sotto silenzio. Bisogna reagire. Bisogna pretendere pene esemplari per tutti.

Si tratta di un delitto gravissimo con delle responsabilità altrettanto gravi di chi era venuto a conoscenza dei maltrattamenti e non ha fatto niente. Servizi sociali? Carabinieri? Polizia? Magistrati? S’è saputo che addirittura il bimbo era stato ricoverato in ospedale qualche mese prima con un frattura e segni evidenti delle percosse, ma tutto è continuato in un complice silenzio. Come sempre accade, dato che purtroppo casi del genere si continuano a ripetere, nessuno dei due carnefici si assume la responsabilità. Ma i ricoveri precedenti, le fratture, i lividi, le cicatrici delle sigarette spente sul corpicino sono prove sufficienti della responsabilità di entrambi gli adulti arrestati. Anche della madre. Perché quand’anche le violenze fossero state solo ad opera del suo convivente, lei aveva il dovere di difendere il piccolo anche a costo della sua stessa vita. Come fanno gli animali. Lei neanche quello. E ciò la inserisce automaticamente in una categoria inferiore nella gerarchia dei viventi. 

In Italia la pena di morte non c’è. “Nessuno tocchi Caino!” blaterano i buonisti. Ma Caino non può sempre passarla liscia. Ci deve pur essere una proporzionalità della pena. E se l’ergastolo viene comminato a chi spara e uccide una persona, come è possibile che la stessa pena venga data per un delitto così efferato e brutale?