(di Gianni De Berti) Uno dei problemi che si pongono con la riapertura delle scuole è la misurazione della temperatura dei ragazzi. La febbre è uno dei segnali che possono indicare la presenza di un’infezione da Covid19 in atto e quindi la potenziale contagiosità e giustamente dev’essere misurata. Ma come? Sicuramente con un termometro a raggi infrarossi e quindi senza contatto. Ma quando? Da chi? Dove?
A queste domande, peraltro abbastanza banali, non è ancora stata data una risposta certa dal governo. E sì che il ministro Lucia Azzolina di tempo ne ha avuto. Sono passati sei mesi da quando è scoppiata la pandemia. Nessuna decisione. S’è parlato di farla misurare in classe, ma ciò è improponibile perché nel caso vi fosse un ragazzo con l’infezione in atto sarebbe già entrato in contatto con i compagni. Allora, dice un altro, misuriamola sulla porta della scuola. Ma così si creerebbe quell’assembramento che si raccomanda di evitare. Allora facciamola misurare a casa dai genitori. Ma come si fa a fidarsi? Chi ci garantisce che gliela misurino davvero. E poi, chi ci dice che dei genitori sconsiderati – e ce ne sono- se ne freghino e mandino a scuola il figlio anche se ha la febbre? Eh sì, perché, non nascondiamoci dietro un dito, la scuola, specie quella dell’obbligo, per molti è diventata più che un luogo di istruzione un modo per parcheggiare i figli durante l’orario di lavoro.
Allora la soluzione più logica, più sicura è quella di allestire un termoscanner all’ingresso di ogni scuola. Rileva la temperatura mentre uno passa senza che se ne accorga nemmeno, evita gli assembramenti e permette di bloccare fuori dell’istituto chi risulti con la temperatura alterata e quindi potenzialmente malato. Semplice no? C’è anche in qualche supermercato. Ma secondo voi il ministro Azzolina, quello che ha ordinato i banchi a rotelle, ci ha pensato?