Suscita nuove polemiche la conferma che il citrobacter responsabile della morte di quattro neonati all’Ospedale di Verona sia stato trovato in un rubinetto del reparto di terapia intensiva neonatale. Elisa La Paglia chiede l’allontanamento del direttore generale, Francesco Cobello, e del primario, Paolo Biban: «Ieri il governatore Luca Zaia non ci ha detto nulla sul fatto che la Commissione di verifica sul Citrobacter ha consegnato la sua relazione in Regione. Ci dispiace che ancora una volta si taccia sui fatti gravissimi che sono emersi. E cioè che non solo il batterio era annidato nel rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della terapia intensiva neonatale, ma che il personale dava acqua di rubinetto ai neonati prematuri e fragili. Una cosa inaudita per un grande ospedale come quello di borgo Trento, dato che apprendiamo addirittura che i contagiati dal batterio sono stati in tutto 96. A maggior ragione ringraziamo le mamme che si sono fatte carico di denunciare l’accaduto, fermando questa catena devastante di contagio e permettendo di salvare i nuovi nati. Quanto emerge conferma come per due anni sia mancato non solo il rispetto delle basilari misure d’igiene, ma anche la trasparenza, perché sicuramente molti sapevano e hanno taciuto. Torniamo perciò a chiedere la sospensione del direttore generale Francesco Cobello e del primario Paolo Biban, il minimo che dobbiamo a quattro creature innocenti che sono morte e a tanti altri bambini che hanno riportato danni gravi a causa del batterio».
«La relazione sul Citrobacter è stata consegnata ieri in Regione dal professor Vincenzo Baldo, ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università di Padova e coordinatore della Commissione di verifica nominata il 17 giugno da Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità del Veneto. L’organo ispettivo ha rilevato che il rubinetto del lavandino interno al reparto era colonizzato non solo dal Citrobacter, ma anche da altri batteri. Apprendiamo anche, dagli organi di stampa e non da Zaia, che il batterio è arrivato lì dall’esterno “probabilmente a causa del mancato o parziale rispetto delle rigide misure d’igiene imposte al personale nei reparti ad alto rischio, come il lavaggio frequente delle mani, il cambio dei guanti a ogni cambio di paziente o funzione, l’utilizzo di sovrascarpe, sovracamici, calzari e mascherine“. E che “sarebbe stata utilizzata acqua del rubinetto e non sterile“. Riteniamo che, ora che il lavoro da parte della Commissione regionale è terminato, la Regione Veneto e l’Azienda ospedaliera debbano fornire un completo resoconto sulla relazione per rispetto dei cittadini, delle famiglie e della verità, grande assente da due anni».