Tre giocatori del Chievo i positivi al tampone covid. Ci doveva esser una partita amichevole con Padova: annullata. E’ una notizia, ma è una bazzecola rispetto alla crisi che attraversa ormai da qualche anno la società della Diga. Ben altri sono i problemi. Altro che covid. Problemi strutturali, legati a una presidenza che è sempre nelle mani di Luca Campedelli, non è più la stessa, non ha più la stessa cifra. Problemi legati a una dirigenza che non brilla per le scelte, che non ha carisma. E i risultati si vedono.

Il campionato è stato deludente per una squadra scesa dalla serie A e per di più con un certo blasone, tanto che a metà campionato la società ha dovuto fare un cambio di allenatore in corsa. E’ arrivato Aglietti, una delle poche scelte azzeccate. Con tanta fatica sono stati raggiunti i play-off, ma nella semifinale con lo Spezia, una squadra che non era mai stata nel massimo campionato, tutto è andato perduto. I mussi non volano più. Il Chievo resta in B. E non si può prevedere per quanto. E ci restano male, anzi peggio, privati dei pezzi più pregiati ceduti per fare cassa. Una cassa che piange, che non fa presagire nulla di buono. Difficile ipotizzare una riscossa nel breve periodo visto che a Verona sono rimasti, a parte qualche rara eccezione, i giocatori meno quotati. Difficile pensare a un progetto di rinascita nel medio periodo perché mancano le premesse economiche e non si vede all’orizzonte un altro Sartori o, quanto meno, uno che gli vada vicino. Allora l’unica è affidarsi alla capacità dell’allenatore, che riesca a trasformare una zucca in una carrozza che ti porti in serie A. Ma le favole sono favole. E allora viene da chiedersi: ma il Chievo non era una favola?