(di Gianni De Paoli) La sospensione di tre medici è uno dei primi effetti della relazione della commissione regionale istituita da Zaia per individuare cause e responsabilità dell’infezione da citrobacter che ha colpito l’Ospedale della donna e del bambino dell’Azienda Ospedaliera Integrata di Verona. Sono stati colpiti dal provvedimento il Direttore Sanitario dell’Azienda, dr.ssa Chiara Bovo, il Direttore Medico della medesima Azienda, dr.ssa Giovanna Ghirlanda ed il primario del Reparto di Pediatria dott. Paolo Biban. Sembra invece, almeno finora, essersela cavata per il rotto della cuffia il Direttore Generale Francesco Cobello, ma Zaia non ha escluso altri provvedimenti nel corso della prosecuzione delle indagini sulla morte di quattro neonati e la contaminazione di altri nati prematuri nella struttura sanitaria veronese. 

Il caso citrobacter ha fatto scalpore non solo per le vittime dell’infezione ma anche perché raramente un reparto ospedaliero è stato chiuso per due mesi e mezzo per cercare l’origine di una qualche contaminazione. Però una volta individuata ed eliminata la causa, dopo che la relazione dell’apposita commissione medica è stata trasmessa alla Magistratura e dopo che sono stati sospesi i medici ritenuti responsabili, l‘attività ospedaliera deve assolutamente tornare alla normalità. 

Quello che è accaduto è grave, ma adesso non è né più possibile né giusto continuare ad aizzare la polemica contro i medici, sparando nel mucchio. Ha ragione il dott. Carlo Rugiu, Presidente dell’Ordine dei Medici di Verona, quando denuncia il “clima di caccia alle streghe” che si è instaurato contro i medici. Le proteste inscenate in questi giorni davanti all’ingresso dell’Ospedale con volantini che insinuano sospetti e grida contro i medici costituiscono un fatto inaccettabile. Le responsabilità vanno accertate, ma non si può sparare nel mucchio.