Due giorni per arrivare da Ravenna a Verona: tanto ha impiegato la comunicazione dell’avvio delle celebrazioni per il 700.ma anniversario della morte di Dante Alighieri. Celebrazioni partite in pompa magna nella città romagnola, dove il sommo Poeta è sepolto, e che entro dicembre (dicunt) arriveranno anche a Verona. L’occasione anche per riparlare di Cangrande della Scala che ospitò Dante e non per caso…

(di Maurizio Brunelli) Oggi si assiste quasi impotenti alla perdita di valori, al degrado morale e civile della società. E la politica, che è l’espressione dei suoi componenti, non pare più capace di dare risposte concrete. Subentra la rassegnazione e un senso di frustrazione. C’è un modo di porvi rimedio? Forse sì.  Per esempio provando a ricorrere ad un simbolo, ma tale che riesca ad unire senza il pericolo della diversa appartenenza politica. Guardiamo alla nostra Verona, che appare sempre più marginalizzata in ambito regionale. Forse è giunta l’ora che i suoi abitanti prendano coscienza del suo ruolo di protagonista che la storia da tempo immemorabile le ha assegnato. Della sua eredità culturale, storica e artistica,  che rappresenta la conseguenza e il segno più eclatante della sua valenza politica. Quale potrebbe essere allora  il simbolo capace di infondere nei veronesi la speranza di poter cambiare le cose attraverso l’esempio del passato, di trasmettere loro la consapevolezza di esserne i fortunati eredi, soprattutto quando questo può dirsi glorioso?  Sicuramente Cangrande I della Scala. E chi meglio di colui che scrisse la pagina più esaltante della nostra storia? Del resto se ancora oggi veniamo chiamati scaligeri lo dobbiamo proprio a lui.

Le prossime celebrazioni dantesche e le imminenti elezioni regionali mi hanno spinto a proporre di rinnovare il mito di Cangrande I della Scala e ad assumerlo come simbolo di una Verona che diventi politicamente protagonista. Ma per ottenere questo è indispensabile farlo finalmente conoscere anche fuori Verona dove, purtroppo, è ancora pressoché sconosciuto. Ed allora bisogna provare a superare i confini di un approccio troppo legato all’ambito erudito, dando voce a quei tratti della sua politica e del suo carattere, a mio avviso affatto trascurati  nella loro reale portata, che ci possono fornire i veri strumenti per collocarlo tra i protagonisti della storia del primo Trecento italiano. Mettendo per esempio in risalto il suo grande progetto d’espansione territoriale che avrebbe portato Verona, grazie alla sua straordinaria posizione strategica, ad essere il centro di un regno italico sotto l’egida dell’Impero. Ma, soprattutto, io credo se ne debba sottolineare il carattere, in una certa misura, etico: fatto tutt’altro che scontato in quel tempo dominato dalla tirannia. Un progetto condiviso da Dante, che per questo scelse Verona. Non è un caso che il Poeta vi ritornò nel 1312, nove anni dopo la sua prima venuta del 1303, proprio nel momento in cui Cangrande era vicario imperiale e solo al comando di Verona (e Vicenza) e fortemente intenzionato a vincere una ad una tutte le città della Marca, avendo come principale obiettivo la più potente, Padova.

Cangrande venga preso dunque a vessillo dietro cui organizzare una ampia e sinergica azione politica volta a dare maggior peso alla nostra città in ambito regionale. Venga creato un marchio “Cangrande” così d’avere delle ricadute turistiche e, quindi, economiche. Si faccia in modo che i veronesi non si limitino ad usarne il nome solo per intitolare le più disparate attività o a servirsene come logo sui loro prodotti commerciali, ma vivano la sua eredità con maggior partecipazione e coscienza della sua grandezza, assumendolo come simbolo di riscossa sul piano culturale e politico.