Giornate pesanti quelle attuali negli ospedali veronesi dopo il dirompente risultato dell’indagine regionale sul citrobacter che ha posto pesanti interrogativi ed ha diviso la Città fra innocentisti e colpevolisti. Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione dall’interno dell’Ospedale, svolta da un medico di prima fascia.

(g.g.) Il male della sanità veronese, ma non solo, si chiama stravolgimento del  principio di Aziendalizzazione. E’ necessario andare oltre il focus di attenzione,  dai risultati oggi desolanti per i danni ed il dolore che hanno comportato (e che consegniamo speranzosi alla Magistratura, cui affidiamo il compito di vagliare le responsabilità con le conseguenze penali e civili), ma riflettere ad un livello superiore, cioè al significato dell’agire in sanità. Appunto il problema di fondo è questo: qual è il fine della Sanità, le persone e i loro bisogni o il mero bilancio economico dell’Azienda?

La ostinata sovrapposizione di un modello industriale e di produttività economica alla buona sanità, quella dei maestri professionisti del passato, ha prodotto una mentalità e una realtà organizzativa ove al bilancio, cioè alla fin fine al dio denaro, si è subordinato tutto. Produrre sempre e comunque, fare ricoveri e prestazioni. Nella realtà passata, operavano uomini dediti alla attività clinica ai massimi livelli, orientata al bene del paziente e per questi fini garantita dalla serietà professionale dei protagonisti. Cooperavano con loro altre figure di alta dignità e capacità tecniche igienico sanitarie, finalizzate alla garanzia di migliore autonoma organizzazione del lavoro sanitario, ma capaci di imporsi, sempre attenti alla tutela evitando lo spreco.

Nel nuovo che avanza i Direttori Generali hanno avuto mandato di “produrre”, e per pervenire a tale risultato, sul quale per altro giocano le loro riconferme, si sono circondati da figure tecniche, le quali, anche se preparate e magari volonterose, devono chinarsi non alla migliore gestione sanitaria, ma alla ricerca di motivazioni tecniche giustificative di scelte meramente economiche, come da indirizzi superiori. E la cura dei Pazienti? La loro tutela? Non rientra più negli interessi dei nuovi strateghi. Assistiamo così, con impotente sgomento, a fatti come quello delle piccole vittime di infezioni ospedaliere che i documenti dimostrano essere state viste, ma ignorate, trascurate e pervicacemente prolungate. Allora non lamentiamoci se la sanità perde colpi: chiediamoci a chi è affidata e, soprattutto, con quale mandato. Politico economico o del bene degli assistititi? Con il grande Totò la domanda più attuale è la seguente: vogliamo “uomini o caporali“? Vogliamo tecnici capaci di affiancare, determinare ed essere professionisti sensibili al mandato umanitario o vogliamo uomini e donne addestrati a guardare altrove, obbedienti all’economia ed ai dettami del risultato pecuniario?

Da ultimo una nota di costume: nella Marineria dei capitani coraggiosi il comandante affondava con la sua nave, oggi si improvvisano nuovi tecnici per continuare a galleggiare.