(b.g.) «Questo governo continuerà a indebitarci, continuerà a spendere risorse che non ha. Del resto, così è più facile: non si prendono decisioni, non si fa la fatica di scegliere, si regala e basta, si ottiene consenso elettorale. Se continua così la vedo proprio brutta: siamo il 128.mo Paese al mondo dove è interessante investire; fra un po’ non verrà più nessun imprenditore estero in Italia. Ma non sembra importare a nessuno nel Governo: d’altro canto, non sanno che fare. Dovrebbero smantellare tutto per un paio d’anni: via ogni limite, freno o ostacolo agli investimenti. Porta aperte a chi investe, altrimenti non recupereremo mai il milione e mezzo di disoccupati che abbiamo. Non torneranno mai al lavoro…». Guido Crosetto – a suo tempo giovane assistente di Giovanni Goria – è uno dei tre fondatori di Fratelli d’Italia, ma è soprattutto la mente che ha sdoganato i temi dell’impresa e della libertà d’impresa in un partito tradizionalmente molto statalista nell’approccio economico. Una trasformazione che oggi vede i temi economici al centro dell’offerta politica del partito di Giorgia Meloni.
Crosetto – già parlamentare, poi dimessosi, oggi imprenditore alla guida della Orizzonte Sistemi Navali (joint venture fra FinCantieri e Leonardo) presiede la Federazione delle imprese italiane del settore difesa, sicurezza ed aerospazio – è stato l’unico politico italiano a schierarsi contro l’ingresso di un socio straniero (la società statunitense KKR) nel progetto di rete unica Open Fiber (7 miliardi di valore a motori praticamente fermi) che vede convergere Enel, Cassa Depositi e Prestiti integrando la rete Tim per creare una infrastruttura unica in grado di reggere lo standard 5G e, soprattutto, mettere mano ai ricchi finanziamenti infrastrutturali europei: «Io non sono contro il progetto – puntualizza Crosetto oggi a Verona (qui il video della nostra intervista) per sostenere i candidati scaligeri alle prossime Regionali – l’idea di creare una infrastruttura pubblica che poi mette a disposizione degli operatori privati i propri servizi non è sbagliata, e non è nemmeno nuova a volerla dire tutta: basti pensare alla Snam. Ma qui siamo al paradosso: si fa entrare un socio straniero e, in più, lo finanziamo pure coi soldi di Cassa Depositi e prestiti. E’ una follia, anche perché sulla rete unica non passerà gas, ma qualcosa di più strategico per la nostra sicurezza: tutte le informazioni, private e pubbliche, passeranno da lì. Prima di fare spazio ad una realtà internazionale era meglio pensare di più all’aspetto della sicurezza».
Questa operazione non sta trasformando la CDP (Cassa Depositi e Prestiti) in un nuovo IRI (l’Istituto per la ricostruzione industriale, chiuso a seguito di un referendum popolare durante Tangentopoli)? «Sì con la macroscopica differenza che all’IRI sapevano quello che facevano, c’era una cultura aziendale, una competenza specifica importante. Invece alla CDP oggi conta di più cosa vuole il potente di turno: quello chiede e CDP provvede: che siano prosciutti,compagnie aeree o acciaierie poco importa. Peccato che siano soldi degli Italiani e non del governo pro-tempore. Guardi, CDP si comporta come quando un uomo va a fare la spesa al supermercato da solo: compra di tutto, qualunque cosa, poi alla sera non c’è nulla da mettere in tavola. Non si sprecano così i soldi degli Italiani».
A proposito di soldi: all’appello, notizia di ieri, mancano altri 19 miliardi di tasse nel bilancio dello Stato. Che manovra finanziaria si aspetta? Vedremo almeno un tentativo di rimettere in sicurezza i conti pubblici? «Temo di no. Sarà il solito accontentare un po’ tutti a pioggia senza un disegno strategico. Le faccio un’esempio: il decreto semplificazione ha sburocratizzato il rapporto della pubblica amministrazione nei confronti dei singoli cittadini, ma non ha pensato alle imprese, che non vedono calare di un grammo il peso che hanno sulle spalle, e – alla fine – l’unica che ci guadagna per davvero è l’Agenzia delle Entrate che può entrare più facilmente nei nostri conti correnti. Per questo dico che il voto del Veneto è importante, non è affatto inutile: serve a dire al Governo che la parte più produttiva del Paese è stanca, non ne può più: vuole un cambiamento a favore delle imprese, delle professioni, prima che sia troppo tardi. Perché se continua così chi glielo fa fare ad un imprenditore di insistere ad investire, a credere, nell’Italia? va in Croazia e fa prima e salva la propria attività».