(di Bulldog) Domani la scuola non riaprirà per tutti. Fuori dalle aule resteranno tre ragazzini che sono venuti a Verona per studiare. E per diventare giocatori di calcio. Militano nelle giovanili dell’Hellas Verona che li ha individuati, scelti e che si è presa l’incarico di formarli, nello sport come nella scuola.  Peccato che a Verona questa possibilità sia difficile, sin remota. Ad oggi, nessuna scuola ha accettato di inserirli in aula: difficoltà linguistiche, ma soprattutto nessuna voglia di una formazione un minimo personalizzata che permetta a questi ragazzi di crescere, inseguire i propri sogni, di prepararsi alla vita raggiungendo un titolo di studio. Attenzione, le difficoltà non le hanno soltanto questi tre atleti della cantera gialloblù: problemi li hanno costantemente anche i ragazzi veronesi che fanno sport a livello dilettantistico e partecipano ai campionati ufficiali, regionali e provinciali, di tutte le federazioni: ragazzi impegnati a scuola, come giusto che sia, ma anche in tre, quattro allenamenti settimanali più una gara talvolta a diversi chilometri di distanza.

Fare sport non è uno sfizio. Fare sport è un diritto dei ragazzi. Fa parte del loro processo di istruzione, tanto quanto la grammatica e l’algebra. E’ un impegno – quando si fanno seriamente i campionati e si cerca di costruirsi una carriera nello sport – importante, spesso totalizzante, e la scuola ha il dovere di sostenere con maggiore enfasi questi ragazzi. Ma a Verona questo diritto è – salvo pochi casi in pochi istituti – reso quasi impossibile: un liceo scientifico – uno di quelli che si vanta di essere il “migliore” della città   – era  uso interrogare gli atleti il giorno dopo le gare, così tanto per provare quanto inflessibile sia  il sistema. Un sistema idiota.  Non faccio l’esempio degli Stati Uniti, della Spagna, della Francia, della Germania dove si pianifica per tempo un corretto rapporto fra sport ed aula; non faccio nemmeno l’esempio di Treviso – città più piccola di Verona, ma dove evidentemente si investe sui ragazzi – dove si garantiscono studio e palestra a quei ragazzi che hanno uno chance di sfondare. Nessuno vuole percorsi preferenziali, gli atleti per primi, ma nemmeno di dover scalare l’Everest ogni mattina… Mi chiedo cosa provano, presidi e professori, quando sul divano tifano Hellas, o Chievo, o Scaligera…forse, un po’ di vergogna?