Referendum: ha vinto il sì. Vittoria scontata. Un regalo fatto ai grillini. Un po’ di ossigeno dato ad un malato terminale che serve solo ad allungargli l’agonia. Una vittoria che non può fa cantar vittoria, perché ha due livelli di lettura.
Quello più immediato, e se vogliamo più superficiale, che dice banalmente che il 66% degli italiani accetta il taglio dei parlamentari. E fin qui ci arriviamo tutti. Ci sarebbe voluto un miracolo per ribaltare l’effetto di un decennio di anti-politica, di propaganda demagogica contro i partiti, contro i parlamentari e in definitiva contro la democrazia rappresentativa. Non dimentichiamoci che i cinquestelle sono per la democrazia diretta. Poco importa che in ogni dove sia stato dimostrato che la riduzione di 345 parlamentari non serve, che fa risparmiare l’equivalente d’un caffè e che le Camere sono tate così concepite dalla Costituzione in base a tutta una serie di valutazioni che riguardano il loro funzionamento e la loro legittimazione democratica. L’elettorato ha subito la suggestione del risparmio, di mandare a casa un po’ di “mangia-pane-a-tradimento. E tant’è, buon pro gli faccia.
L’altra lettura è più politica e cerca di scavare oltre la superficie. Ragioniamo: se il 66% ha votato sì, significa che il 34% ha votato no. E allora, al di là della propaganda, che cosa significa questo risultato? Semplicemente che se il Parlamento aveva votato la legge sul taglio dei parlamentari con una maggioranza del 100%, significa che in ogni caso non è più rappresentativo del corpo elettorale, che altrimenti avrebbe dovuto esprimersi con le medesime proporzioni.
Una vittoria di Pirro, quindi, che se pensavano servisse a consolidare l’attuale parlamento nei fatti dice a Mattarella: facciamo subito le elezioni anticipate! Non solo perché queste Camere non sono più rappresentative, ma perché hanno anche troppi parlamentari. Come dice il referendum.