(di Giorgio Massignan, Verona Polis) Il taglio di parecchi cipressi che nascondevano la facciata della caserma su Castel San Pietro, ha suscitato discussioni, commenti e polemiche. La città si è divisa tra coloro che preferivano il colle caratterizzato dal verde degli alberi e chi, viceversa, approvava la ritrovata vista del complesso militare. Si è disquisito sulla pericolosità o meno dei cipressi e, pur non essendo un esperto, ho avuto l’impressione che non si sia fatto tutto il possibile per tutelarli e metterli in sicurezza. La presenza del Colle di San Pietro, per noi veronesi, ha una grande importanza, perché è proprio in quel luogo che è nata la nostra città.   

Tornando indietro di circa 4.000 anni, durante l’età del bronzo, vennero costruiti tre villaggi fortificati, i castellieri, di cui uno su colle San Pietro. Dei tre, fu il solo che rimase in funzione anche nel periodo delle popolazioni euganee e venete.  Intorno al 500 A.C., sul colle, si sviluppò  un  piccolo villaggio, che diventerà la città di Verona. La posizione era ottima: abitazioni sul colle e vicinanza al fiume.

Agli inizi del 200 A.C., i Romani, per contrastare l’avanzata dei Galli da settentrione, realizzarono una cinta fortificata attorno a  Colle San Pietro dove, si presume, ci fosse il primo Capitolium. Circa 20 anni più tardi, compresa l’importanza strategica di Verona, chiesero ai Cenomani ed ai Paleoveneti, di ampliare il castrum fortificato a Colle San Pietro.

Tra il 493 e il 526, Teodorico fece costruire sul Colle San Pietro un grande palazzo, che volle fosse chiamato “il palazzo di Teodorico”Durante tutto l’alto medioevo, il palazzo di re Teodorico, costruito accanto al  Teatro Romano e messo in comunicazione con un portico al ponte Pietra, rimase il più importante centro del potere politico italiano. I Longobardi, nel 571, nonostante la capitale fosse stata spostata a Pavia, mantennero il centro del potere politico nella cittadella fortificata di Colle San Pietro

Intorno al 1390, i Visconti realizzarono due castelli sulle colline  settentrionali, nei luoghi dove ora ci sono Castel San Pietro e Castel San Felice. Intorno al 1806, Verona subì l’abbattimento, da parte dei francesi di Napoleone, di Castel San Pietro e di Castel San Felice.

Dal 1851 al 1856, su Colle San Pietro gli austriaci costruirono una caserma-fortezza, proprio nel luogo dove era situato l’antico castello visconteo del 1389, ed una antica chiesa dedicata a San Pietro, demolita dagli stessi asburgici per liberare l’area. Il progetto fu realizzato dal tenente colonnello Conrad Petrasch del Genio. Scartata una prima ipotesi proposta dal capitano Bolza in stile neoclassico, fu scelto il disegno di Petrasch in uno stile neogotico, che rimandava al medioevo germanico, considerato più militaresco. Poteva ospitare 460 soldati. Il piazzale antistante, che si apre sulla città, rappresentava una comoda piattaforma per l’artiglieria, che avrebbe potuto colpire l’intera area urbana di Verona dall’alto

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Questa è, in estrema sintesi, la storia di Colle San Pietro e, vederlo caratterizzato da una minacciosa caserma austriaca ottocentesca, che aveva funzioni repressive, non mi piace affatto. Specifico che, sulla necessità di  recuperare e valorizzare tutto il nostro patrimonio monumentale non ho mai avuto dubbi e mi sono sempre battuto perché fosse fatto. Aggiungo che Verona rappresenta uno dei maggiori esempi di architettura ed urbanistica militare austriaca e come tale andrebbe restaurato e rivalutato. Ma, il caso della caserma su Castel San Pietro è particolare e, pur sostenendo il suo recupero sia fisico che funzionale, preferivo che rimanesse celata dalla fila di cipressi monumentali. Inoltre, la caserma, per le sue notevoli proporzioni, occupa e caratterizza visivamente l’intero colle e, personalmente, quell’emblema di un passato minaccioso non mi convince. Non si tratta di rinverdire antichi odi, ma di mantenere viva la nostra memoria storica ed il significato che hanno avuto certi simboli della passata dominazione.  Per tutti questi  motivi, approvo e condivido le scelte fatte dal  compianto  soprintendente del Veneto, Pietro Gazzola, di piantare una fila di cipressi atti ad ingentilire un luogo che è stato, per decenni, una minaccia.