Il Covid-19 ha modificato l’approccio al consumo di vino negli Stati Uniti, ma non ne ha depresso la domanda. Volano i consumi al di fuori dei luoghi di acquisto e ancora di più le venditeon-line, che compensano in buona parte il gap riscontrato nei locali (bar e ristoranti). Italia sempre più protagonista nelle vendite di vino negli Stati Uniti col 35% del mercato; Francia sempre più tramortita dai dazi aggiuntivi. Secondo gli ultimi dati doganali elaborati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitori per wine2wine, nei primi 8 mesi di quest’anno l’Italia ha infatti recuperato oltre 370 milioni di euro sullo storico competitor d’Oltralpe e chiude l’estate con un ulteriore allungo a 1,16 miliardi di euro di vendite (+2,3% sul pari periodo 2019), contro una Francia mai così in basso e un trend in rosso del 25,7% (998 milioni di euro).
Lo scenario, esattamente invertito rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è influenzato più dai dazi aggiuntivi che dal Covid-19. Basti pensare come oltre al -25,7% a valore della Francia – con i vini fermi a -32,5% –, anche Spagna (-11,8%) e Germania (-34,4%) registrano cali pesanti, che contribuiscono in maniera decisiva alla contrazione complessiva dell’import di vino statunitense sul periodo (-10,5%).
Vola in questo periodo l’e-commerce a partire dai grandi aggregatori di vendite online, come riscontrato nel seminario Vinitaly-wine2wine (in collaborazione con Colangelo & Partners) da Heini Zachariassen, fondatore della principale app enologica al mondo, Vivino: «In questi mesi abbiamo assistito agli incrementi di acquisto più forti di sempre da parte dei nostri 46 milioni di utenti, con crescite in tripla cifra nei 5 mesi di emergenza. Nel periodo – ha proseguito – abbiamo registrato un punto di svolta per i fine wine italiani, soprattutto per i rossi toscani, l’Amarone e il Brunello di Montalcino».
Sullo stesso tenore l’opinione del fondatore del portale Wine.com, Michael Osborn: «La quota dei nostri utenti che operavano acquisti è passata dal 24% in regime pre-Covid all’86%. Un dato incredibile, che secondo un nostro sondaggio sarà mantenuto anche in fase post-Covid. Nel corso dell’anno – ha concluso – gli acquisti di vini italiani sono cresciuti del 53% grazie agli acquisti in fascia alta dei millennials e generazione X».
Diverso lo scenario sul fronte del segmento horeca, che secondo Aaron Sherman, co-fondatore e Ceo di SevenFifty, è «calato del 33%». «Il business del vino negli Stati Uniti è molto resiliente, anche durante il lockdown – ha detto il fondatore della Colangelo & partners, Gino Colangelo – e in questo contesto il vino italiano è favorito. Oggi infatti la categoria in più rapida crescita è quella di fascia alta (oltre i 50 dollari), che corrisponde al profilo delle grandi aziende del Belpaese».
Al seminario hanno partecipato anche Alison Napjus, redattore senior per Wine Spectator, Kristina Kelley, direttore comunicazione Wine and Spirits per E.J. Gallo Winery.
USA: IMPORT TOTALE VINO (cumulato gennaio-agosto) | |||
TOTALE VINO | Valori (euro) | ||
2019 | 2020 | Var % | |
Totale Import | 3.723.213.001 | 3.331.559.898 | -10,5% |
di cui | |||
Italia | 1.134.731.726 | 1.160.864.910 | 2,3% |
Francia | 1.343.109.891 | 997.617.989 | -25,7% |
Nuova Zelanda | 271.629.424 | 290.936.394 | 7,1% |
Spagna | 215.758.176 | 190.195.009 | -11,8% |
Australia | 193.865.216 | 181.719.822 | -6,3% |
Elaborazione dati: Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su base dogane