(di Carlo Rossi) Il prossimo step per “il re del risotto veronese” è di nuovo nel mondo: in Cina una joint venture con una delle più importanti società di ristorazione per sviluppare l’export dell’agroalimentare italiano di qualità. Il “re del risotto” è Gabriele Ferron, classe 1953. E’ indubbiamente l’alfiere del lancio italiano ed internazionale della coltura del riso, una delle figure iconiche della cucina italiana da cui ripartire dopo l’emergenza Covid, che ha fatto annullare la tradizionale festa del riso di Isola della Scala. Il vialone nano veronese, detto anche nano vialone veronese, è stato il primo riso in Europa ad ottenere nel 1996 il marchio Igp.

La storia della Riseria Ferron inizia alla Pila Vecia di Passolongo, contrada di Isola della Scala, verso Buttapietra, nel lontano 1650, considerata la più antica pila funzionante in Italia: a dimostrarlo c’è tanto di documento, un permesso per costruire la pila inoltrato alla Serenissima il 26 aprile 1644 da Domenico Cristato, latifondista del tempo. Passarono dieci anni e la pila già funzionava. Ancor oggi viene utilizzata per lavorare una limitata quantità di riso destinato all’alta ristorazione e alle gastronomie specializzate di tutto il mondo.  Ed esporta in tutti i continenti, Cina inclusa.
In un secolo la Riseria Ferron si è via via affermata come il più grande centro di lavorazione del riso della provincia: 5 milioni di euro di fatturato per 30 mila quintali di risone lavorato all’anno, vialone nano nel 90% dei casi, con una quota di export vicina al 30%. La società è cresciuta anche attraverso un paio di acquisizioni importanti, quella della Torre e quella della Riseria Malacchini. «Una parte considerevole dalla mia attività consiste nel promuovere il nostro riso nel mondo – spiega Ferron snocciolando i nomi dei Paesi verso i quali è riuscito a creare un canale di export importante -: Stati Uniti, Canada, Emirati Arabi, Giappone, Australia, Russia, ma nel solo canale horeca (hotel, ristoranti, catering), evitando con cura la grande distribuzione: non saremmo competitivi».

Incredibile ma vero, Ferron sta vendendo riso ai cinesi. «Potrà sembrare strano ma siamo stati anche in Cina, dove vendere il riso è un po’ come piazzare un congelatore agli eschimesi. Un riso come il nostro, però, se lo sognano. Nei ristoranti di Pechino e Shanghai le carte vincenti si chiamano Carnaroli e Vialone Nano, le uniche varietà con le quali possiamo ottenere un buon risotto. Nel mondo hanno tentato di riprodurlo un po’ dappertutto, ma con scarsi risultati. Ho fatto personalmente delle prove in Spagna, alle foci dell’Ebro: niente da fare. Al di fuori dell’ambiente padano non dà risultati».

Proprio con la Cina Ferron sta cercando legami più intensi. «Stiamo decidendo se diventare soci di una società cinese di ristorazione che farà della promozione del cibo italiano, quindi del nostro riso, la sua attività fondamentale».