(di Gianni De Paoli) La scelta del Verona Hellas, ma anche di Sampdoria o Udinese, di prendere come sponsor una società, la “Justmary”, che commercializza la cannabis, è una di quelle che lasciano il segno e fanno riflettere. Che cosa avrà spinto la società proprietaria della quadra più amata dei veronesi a scegliere la “Justmary”? Una ditta che vende cannabis non è come una che fa tortellini. E’ qualcosa di molto diverso, che va oltre il mondo del calcio. E questo deve preoccupare. Evidentemente Setti, dotato di grande capacità nel calcio, su questo tema ha una diversa sensibilità. Avrà pensato: uno sponsor vale l’altro, basta che paghi. Perché alla fin fine sono i soldi quelli che contano. Della serie: pecunia non olet , i soldi non puzzano, e quindi ben vengano anche quelli di chi vende cannabis, il cui business muove interessi internazionali enormi che sostengono una sofisticata campagna di persuasione di massa per far pensare che la cannabis è una merce come un’altra.

Ma chi se lo aspettava che i primi a cascarci fossero i presidenti del calcio?  Le dichiarazioni trionfalistiche dell’amministratore della “Justmary” che si vanta di essere stato il primo a sdoganare il commercio della cannabis la dicono lunga. 

Per i soldi si fa tutto, anche contaminare con la cannabis lo sport, che è sempre stato l’antidoto alla droga nella formazione dei giovani. E accettando per soldi quello sponsor quelle società hanno implicitamente accettato di rendersi in qualche modo complici del grande disegno mondiale per rendere accettato quello che fino a ieri era giustamente bandito dalla società civile come una piaga sociale