(di Gianni De Paoli) Il Veneto è stato portato ad esempio mondiale per come ha gestito la pandemia nella prima ondata del Covid-19 e Luca Zaia ha incassato, anche elettoralmente, l’apprezzamento generale. Merito suo, ma anche e soprattutto del professor Andrea Crisanti, docente di microbiologia dell’università di Padova, che lo ha consigliato sulle cose da fare e sui comportamenti da tenere. Memorabile il modo in cui è stato governato il cluster di Vo’ Euganeo, diventato un esempio nella letteratura scientifica internazionale. Crisanti e Zaia: due personalità forti. Il primo uomo di scienza, serio, determinato, sicuro del fatto suo e piuttosto intransigente. Il secondo, politico, abile comunicatore, capace e intelligente. Messi assieme hanno prodotto un ottimo risultato nell’affrontare il coronavirus a marzo/aprile quando il Veneto era la regione più colpita dopo la Lombardia.

Poi è successo qualcosa fra i due. Crisanti se n’è andato. Non è più lui il referente di Zaia per la lotta al virus. E questo è un vero peccato, almeno alla luce di quanto la loro collaborazione aveva prodotto nella prima fase. Il vero motivo della rottura non è conosciuto. Pare sia da ricondurre al fatto che il professore accusi Zaia di essersi preso meriti non suoi nella buona gestione della pandemia senza un adeguato riconoscimento del suo ruolo. E adesso che è arrivata la seconda ondata del virus non fa bene leggere quello che spara contro il Governatore. Ora siamo quasi alle offese. Crisanti definisce Zaia “venditore di fumo” perché non sapendo più  “che pesci pigliare” propone i tamponi salivari o quelli fai-da-te. Zaia non risponde. E’ preoccupante che, proprio nel momento in cui il Covid-19 torna a diffondersi e a fare vittime, il Veneto non possa più contare su quel connubio vincente fra scienza e politica che lo ha ha imposto all’ammirazione di tutti