Una volta erano i radical-chic, persone dell’alta borghesia che si atteggiavano a intellettuali e avevano abbracciato anche nel look l’armamentario ideologico e propagandistico della sinistra, sia nella sua versione operaista e rivoluzionaria che in quella più tranquilla del Pci o del Partito Radicale. Terminata la fare pre-rivoluzionaria del ’68 e anni successivi, questo tipo umano si è adattato alla nuova situazione determinata dalla reazione consumistica al fallimento della contestazione globale che aveva portato alla Milano “da bere” del craxismo da quella di Feltrinelli e Capanna. Abbandonato l’eskimo, era la volta di “compagno cashemire”, col cuore a sinistra e il portafoglio a destra, rappresentazione antropologica di come si stava trasformando la sinistra. Un processo graduale che ha portato la casa-madre, il Pci, a cambiare nome più volte, fino all’attuale dicitura di Partito Democratico, più americano e tranquillizzante per l’elettorato borghese cui si rivolge, adeguamento simbolico alla scelta di sostituire alla difesa degli interessi del proletariato, dei lavoratori e dei diseredati, quella astratta dei “diritti umani” e quella concreta della banche.
In seguito a questo processo è cambiato anche l’elettorato della sinistra. A Verona, tanto per rimanere a casa nostra, sono i quartieri borghesi, come Borgo Trento o il centro, a votarla, dove c’è una nutrita rappresentanza di “compagni cachemire”, come quelli che con l’associazione “Traguardi” hanno dato vita all’ennesimo espediente di rendere potabile l’eredità del comunismo.
Sono giovani della Verona “bene”, di buona famiglia, buona cultura e buone maniere. Si sono presi per tempo e hanno già iniziato la loro campagna elettorale per il 2022. Faranno probabilmente una lista civica da affiancare al Pd. Un’esca per quei moderati di sinistra che non se la sentono di votarlo direttamente, operazione che ripropone in scala minore il tentativo di Renzi di cui le ultime regionali hanno certificato il fallimento.