(di Gianni De Paoli) Per evitare un altro lockdown non c’era altro da fare. La stretta decisa con la circolare del Ministro della Salute, che segue l’ultimo decreto del governo, altro non è se non la presa d’atto che siamo alla seconda ondata del Covid, che i contagi continuano ad aumentare e che se non si pone un freno a certi comportamenti si va dritti a sbattere e ci ritroviamo nella situazione di sei mesi fa. E sinceramente non è detto che se a Palazzo Chigi ci fosse stato Salvini al posto di Conte non avrebbe preso provvedimenti analoghi. Anche perché è il comitato tecnico-scientifico a dare gli indirizzi.
Però tanti continuano a non credere che il Covid sia un pericolo reale: ci sono gli scettici, i fatalisti, i perplessi, quelli che tanto capita agli altri, che è poco più di un raffreddore e quelli che sono convinti che il virus non esista o che sia tutta una macchinazione. Come se i 50 mila morti in più nei primi tre mesi del 2020 rispetto triennio precedente fossero un errore di calcolo. Intanto i contagi aumentano. Il Veneto è la quarta regione più colpita dopo Campania, Lombardia e Lazio. E del Veneto la provincia più colpita è ancora Verona, come in marzo-aprile. Ci sono meno morti e meno ricoveri, per ora. Adesso si sa meglio come affrontare il virus, ma il pericolo di ammalarsi c’è, è inutile far finta di niente. E ci dovremo abituare, perché con la globalizzazione tutto circola più velocemente, anche i virus. Per far fronte a questa situazione è necessario riorganizzare il SSN, cominciando dalla medicina territoriale, che si è rivelata fondamentale anche per la lotta al virus. Il ruolo del medico di famiglia va ripensato: non può più essere solo un punto di smistamento dell’utenza e di produzione di ricette. Bisogna mettere in grado questi medici di fare diagnosi e anche qualche terapia, investendo risorse e attrezzando i loro ambulatori con strumenti e personale, in modo da avere un’assistenza capillare e che pazienti vadano in ospedale solo per le reali necessità.