(di Bulldog) FieraCavalli, chiusa. Wine2wine, solo virtuale. B-Open, idem. L’ultimo Dpcm emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nella giornata di domenica affossa ogni chance di avere un bilancio 2020 presentabile per VeronaFiere sancendo di fatto la cessazione di ogni attività fieristica in presenza, dopo quella di convegni e congressi, fino al 24 novembre 2020.
 
«La decisione presa dal Governo, ancora una volta dall’oggi al domani, di impedire lo svolgimento delle rassegne nazionali e internazionali, dopo aver già fermato quelle regionali, locali, i convegni e i congressi, piomba come un macigno su un settore già molto penalizzato – evidenzia Maurizio Danese, presidente di Veronafiere spa –. È un fatto molto grave, perché il settore ha perso da marzo a settembre il 70% del fatturato ed a questo si aggiungono ora i danni pesanti dovuti alla sospensione immediata mentre molti quartieri, come il nostro, avevano già iniziato gli allestimenti per le manifestazioni che si sarebbero dovute tenere a breve e per le quali erano stati già predisposti anche ingenti investimenti in promozione e comunicazione».

La situazione diventa drammatica con ricadute ad oggi imprevedibili. La situazione in Europa è altrettanto pesante: sono state cancellate 3mila300 fiere e manifestazioni, le perdite dirette delle fiere continentali sono state di 39 miliardi€, le perdite dell’economia europea è ad oggi di 124 miliardi. C’è un generalizzato problema di liquidità che porterà – questo si attende l’associazione che raggruppa i maggiori venti poli fieristici europei – ad una stagione di fusioni e accorpamenti. Le fiere tedesche e inglesi hanno già ricevuto robuste iniezioni di capitali freschi; quelle italiane sono in balia di Conte & Gualtieri e dei loro rimborsi a babbo morto. Per Verona che deve presentare a breve il progetto per il nuovo aumento di capitale – ed un conseguente piano industriale, tema sul quale si era impuntata la Fondazione CariVerona per dar corso alla propria adesione con un contestuale rinnovamento del management – le perdite erano, prima dell’ultimo lockdown, pari al 70% del fatturato. Ora bisognerà ritoccare questo dato all’insù e dar fondo alle linee di credito aperte nell’emergenza ed agli anticipi dati dai clienti delle edizione rimandate di una annualità, come il Vinitaly. In altre parole, l’aumento di capitale non è più indifferibile, con denaro fresco che deve arrivare velocemente nelle casse dell’ente. Quale scenario si apre? Il primo è più un auspicio: che i soci veronesi e veneti mettano mano al portafoglio per mettere in sicurezza la Fiera e soprattutto le sue fierepagadebit“: Vinitaly e FieraCavalli su tutte che producono una buona parte del cash-flow; il secondo è quello di un accordo con realtà italiane o straniere in grado di apportare stabilità. Bologna e Rimini vanno verso una fusione entro la primavera del 2021 (anche il Comune di Vicenza, azionista di minoranza a Rimini, è d’accordo) creando un polo da 400 milioni di fatturato pre-Covid.

«La nostra attività – sottolinea il dg Giovanni Mantovani – diventa digitale al 100% per le iniziative Wine2Wine exhibition, OperaWine, wine2wine business forum e B/Open, in programma dal 21 al 24 novembre, mentre Job&Orienta (25/27 novembre), la mostra convegno dedicata a scuola, formazione e lavoro era stata già programmata solo in modalità online. Il consiglio di amministrazione valuterà a stretto giro come procedere con Verona Mineral Show Geo Business (27/29 novembre) e ArtVerona, in calendario dal 10 al 13 dicembre, che ha già l’adesione di oltre 120 gallerie. Resta invariato invece il calendario estero, che prevede in presenza Wine To Asia a Shenzhen il 20 e 21 novembre e Vinitaly Russia a Mosca e San Pietroburgo in modalità ibrida». L’online – tutto in outsourcing per VeronaFiere, cosa che appare paradossale alla luce degli investimenti fatti nel recente passato per la componente tecnologica dell’ente – fa tanti numeri, ma porta molto meno fatturato nelle casse della fiera. E oggi serve il cash, soprattutto il cash.