(di Marco Danieli) Fino a poco tempo fa il monopattino era un giocattolo o poco più. Nato come mezzo di locomozione, non aveva retto il confronto con la bicicletta, più evoluta, veloce e anche più sana perché il monopattino comporta dei movimenti asimmetrici e traumatici per via di quelle rotelle senza ammortizzatori che trasmettono alle articolazioni il minimo sobbalzo. Scartato come mezzo di trasporto, era rimasto un giocattolo di legno.
In qualche foto d’epoca non è raro vedere il ragazzino vestito da “marinaretto” spingere orgoglioso il suo monopattino, finito poi in qualche cantina già dalla seconda metà del secolo scorso. Con l’accentuarsi del problema del traffico negli anni ’90 una fabbrica svizzera aveva ripreso l’idea del monopattino come mezzo di trasporto producendone uno di alluminio, leggero, snodabile, anche di un bel design, da tenere ripiegato nel portabagagli dell’auto e da tirar fuori dopo aver parcheggiato per raggiungere qualche destinazione. Ma anche quest’idea s’era incagliata sugli stessi problemi del progenitore.
Poi l’idea: farne una elettrico, in modo da evitare il movimento malsano, dotato di micro-ammortizzatori, in lega leggera. Non un giocattolo, ma un mezzo di trasporto urbano, alternativo a bici e scooter. E ha funzionato. E, idea vincente su idea vincente, quella non di comprarlo, ma di prenderlo a nolo ogni volta che serve con una App del telefonino. Un successone. Al punto che ce ne siamo riempiti e sta diventando un problema. Non per il monopattino, ma per quelli che che lo usano sì come un mezzo di locomozione, ma che lo trattano come se fosse un giocattolo, da piantar lì dove capita quando il gioco è finito. Così da strumento intelligente per diminuire il traffico diventa diventa un problema d’intralcio e di pericolo. Che fare allora? Bisogna insegnare l’educazione a chi non ce l’ha. Come? Semplice. Per noleggiare il monopattino ci vuole il telefonino? Basta rendere tracciabile chi lo noleggia. Poi il vigile che trova il monopattino nel bel mezzo della vasca dell’Arsenale risale a chi l’ha abbandonato lì e gli fa arrivare a casa una bella multa. Possibilmente salata. Così, come si dice, un’altra volta impara!