(di Giulio Bendfeldt) Un vero e proprio risiko che non ha nulla da invidiare a quello bancario, in grado di trasformare il Veneto e di dotare la Regione di una leva economico-finanziaria da far paura. Soprattutto, è l’obiettivo di legislatura di Elisa De Berti, assessore alle infrastrutture e vicepresidente della nuova Giunta Zaia: realizzare un polo pubblico delle autostrade del Veneto, ma più in generale del Nordest, così da poter gestire tutti i grandi investimenti del prossimo futuro.
Questo, sfruttando le potenzialità delle società che gestiscono oggi in concessione tratti stradali di vitale importanza per il Veneto (tutti i valichi internazionali, ad esempio). L’Unione Europea impone che le concessioni vengano messe a gara quando cesseranno quelle attuali o, in alternativa, che vengano gestite in-house direttamente dagli enti pubblici. E qui, il gioco diventa – appunto – interessante.
Il polo autostradale del Nordest ruota su quattro grandi operatori, come evidenzia la tabella: Cav, la società che gestisce il passante di Mestre; la A22 del Brennero; Autovie Venete che controlla la Venezia-Trieste ma anche tantissime altre tratte minori e infine Atlantia che direttamente o indirettamente, nella Brescia-Padova attraverso Abertis, controlla anche la A13 Bologna-Padova, la A31 Valdastico; la A27 Venezia-Belluno e la A23 Udine-Tarvisio.
Tutte assieme queste concessionarie fatturano 1,1 miliardi di €; tutte assieme realizzano un margine operativo lordo di 618 milioni€ ed hanno un patrimonio netto di 2,7 miliardi (di questi soldi, però, 648 milioni sono vincolati perché destinati a finanziare parte della nuova galleria del Brennero). Ebbene, è proprio nel polo Atlantia che la Regione Veneto potrebbe fare la sua mossa. Non la prima, perché Venezia – come vedremo – qualche fiche l’ha già messa sul tavolo.
La A4 Brescia-Padova vede scadere la sua concessione nel 2026. Ma per il suo azionista di riferimento – Atlantia – è venuto il momento di lasciare il settore: il Governo vuole infatti revocare le concessioni di alcune tratte come forma di punizione/risarcimento per il crollo del Ponte Morandi di Genova. Difficile pensare nel 2026, quando ancora sarà aperto il contenzioso legale, che non si ponga il tema dell’in-house. De Berti candida come veicolo per la nuova concessione CAV, la società Regione Veneto-Anas (ovvero il Ministero dei trasporti stesso) che già gestisce il passante di Mestre (151 milioni di ricavi, 97 di Mol e 168 di patrimonio) la cui concessione scadrà nel 2032. Di seguito potrebbero arrivare i collegamenti col nodo strategico di Bologna, il collegamento ad est con l’Austria e la tratta delle Olimpiadi che garantirà un boom di traffico non indifferente. Cosa può agevolare anche questa operazione? Che nel capitale della A4 sono rimasti alcuni azionisti pubblici – il Comune di Verona, 4,65%, la Provincia di Vicenza, 2,05%, la Provincia di Padova, 1,35% e la Fondazione CariVerona, 0,14%: in tutto fa l’8,19% – che sarebbero non ostili al progetto (chi va a dire no a Zaia nei prossimi cinque anni?) e che potrebbero restare o venir liquidati. Certamente, non opporrebbero resistenza legale.
Nel frattempo la Regione Veneto ha già messo in sicurezza i suoi collegamenti ad Est diventando il socio di minoranza della Regione Friuli Venezia Giulia nella nuova Società Autostradale Alto Adriatco Spa, 6 milioni di capitale sociale col 67% in mano ai friulani. La SAAA subentrerà ad Autovie Venete, la cui concessione è già scaduta nel 2014 e che realizza ricavi per 235 milioni€, ha un Mol di 110 milioni e un patrimonio di 537 milioni€. Il pacchetto delle concessioni prevede la A4 nel tratto Venezia-Trieste, la A28 Conegliano-Portogruaro; la A34 Villesse-Gorizia e la A23 Udine-Tarvisio (al 50% col polo Atlantia). In Autovie Venete ci sono moltissimi azionisti privati che andranno liquidati erodendone la redditività.
Resta poi la A22 del Brennero: qui la Regione non ha quote dirette, ma i soci pubblici veronesi – Comune di Verona, 5,5%; Camera di commercio di Verona, 2,97% e Provincia di Verona, 5,51% per un totale del 13,507% del capitale – potrebbero condividere un’operazione societaria al momento della prossima liquidazione dei soci privati così da evitare nel prossimo anno la gara europea e tornare ad una gestione in-house: la Regione Veneto potrebbe quindi avere una presenza diretta anche nel prossimo grande business del nuovo traforo (struttura che vedrà la A22 pagare, come dicevamo più in alto, un fee di 648 milioni€ come quota parte per la sua realizzazione).
Alla fine del risiko delle Autostrade, la Regione Veneto potrebbe essere il king-maker, l’azionista capace di favorire e cercare ulteriori sinergie (soltanto la Brennero ha in portafoglio il 51% della Campo Galliano-Sassuolo e della Cispadana) nel cuore della regione economica più dinamica d’Europa con benefici politici ed economici non irrilevanti nel grande gioco della competitività fra le regioni europee ed in quello politico nazionale.