(di Marco Danieli) Fra gli adolescenti aumenta il consumo di droga. L’allarme è stato lanciato nella Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza che ha condotto un’indagine conoscitiva sulle dipendenze dai presidenti della Federazione Servizi Dipendenze, della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche e del Coordinamento Nazionale dei Coordinamenti Regionali che operano nel campo dei trattamenti delle dipendenze.
880 mila ragazzi fra i 15 e i 19 anni che vanno a scuola, cioè uno su tre, hanno ammesso di aver usato droga almeno una volta (dati del 2018). Ricerche analoghe condotte a Verona fra gli studenti confermano questi dati che, in taluni casi, vedono le medie scaligere peggiori di quelle nazionali. L’età dei consumatori di sostanze stupefacenti si sta però abbassando pericolosamente a quelli che hanno 11-14 anni, praticamente dei bambini che gli spacciatori non si fanno scrupolo di adescare per il loro turpe mercato. La diffusione del fenomeno è favorita dai prezzi bassi delle sostanze, dall’organizzazione capillare dello spaccio sul territorio in mano alla criminalità organizzata e ora, in seguito al Covid, anche dalla possibilità di acquistare la droga per internet. Ma mentre le organizzazioni degli spacciatori si adattano di continuo alle sempre diverse esigenze del “mercato”, i servizi territoriali sono rimasti quelli di trent’anni fa con risorse inadeguate a prevenire le dipendenze dei giovani che, oltre alla cannabis, alla cocaina e ad altre droghe di sintesi, oggi sono rappresentate anche da sostanze “legali”, come alcol, vari analgesici oppiacei, benzodiazepine e altri psicofarmaci, fenomeno che viene definito “policonsumo”.
La situazione denunciata in sede di Commissione Parlamentare non meraviglia. Ci sono, è vero, carenze nelle risorse destinate alla prevenzione ed alla cura ed anche i servizi territoriali sono datati e carenti, ma esiste anche una sostanziale accettazione del fenomeno droga quasi la sua diffusione fosse qualcosa di ineluttabile. Il problema è innanzitutto culturale. Lo dimostra la mancanza di una reazione dell’opinione pubblica davanti all’apertura dei negozi di “cannabis”, o di aziende che la commercializzano online che alcune società di calcio, come il Verona Hellas e la Sampdoria, hanno adottato come sponsor.