(di Giovanni Serpelloni) Purtroppo la situazione epidemica è in evoluzione negativa e dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici si richiede un lockdown totale. Ancora una volta però si dimentica che oltre alle misure restrittive estreme, se vogliamo assicurare e mantenere una idonea ed essenziale assistenza sanitaria per tutti gli infetti clinicamente attivi che nelle prossime settimane avranno bisogno di cure, l‘unica soluzione organizzativa sostenibile e rapidamente attivabile è la terapia domiciliare precoce con trasferimento delle potenziali cure ospedaliere (fino al livello semi intensivo) presso il domicilio del paziente.

Nessun sistema nazionale sarà in grado con il solo settore ospedaliero, di sopportare e far fronte ad una ondata di questo genere. Purtroppo l’assenza di una leadership competente e autorevole in materia di organizzazione e strategie sanitarie, a partire dal livello governativo nazionale, regionale fino alle direzioni generali della ASL, ci farà scontare una situazione pesantissima in termini di vite umane perse, sofferenze evitabili e perdite produttive/ lavorative. È imperativa una immediata riforma soprattutto della medicina di base territoriale che come ad oggi organizzata e relegata più che altro a ruoli amministrativo-burocratici ed ha quindi una bassissima utilità ed efficacia sull’assistenza dei malati COVID. Si sono persi mesi preziosi a discutere a volte inutilmente senza concentrarsi sul “fare ora e concretamente“, senza visione strategica e sperando che il “tanto poi con il sole dell’estate passa” potesse risolvere la situazione ponendo attenzione più a non perdere il consenso politico che alle vite umane. Questa è una responsabilità chiara ed innegabile.

Ho l’impressione però che neppure ora che l’acqua ci sta arrivando alla gola esistano le condizioni mentali e professionali per intraprendere tempestivamente una strada organizzativa alternativa di questo tipo e che purtroppo la popolazione dovrà subire nell’arco di poche settimane una violenta e drammatica condizione socio sanitaria per mancanza di accesso alle cure appropriate, di personale sanitario mai assunto ed organizzazione intelligente delle emergenze epidemiche. Spero che non arrivi mai il momento del “si salvi chi può ” , ma i presupposti sono molto preoccupanti. Ora, una cosa importante da ribadire e che oltre a noi medici, sono i cittadini e le organizzazioni di settore a dover richiedere e pretendere a gran voce una riforma immediata dell’assistenza sanitaria territoriale e della medicina rendendo immediatamente disponibili le terapie ospedaliere anche sul territorio, attivando realmente i medici di medicina generale su questo, le USCA e con la collaborazione indispensabile delle farmacie che devono assumere nuovi ruoli. Ognuno faccia la sua parte, ma con indicazioni nazionali semplici e chiare e molto cogenti, senza tentennamenti. Altrimenti ne subiremo tutti le conseguenze di questa imperdonabile incompetenza