Ci sono due Italie: una che aspetta un lavoro; una che se lo crea. In verità, ci sarebbe anche una terza Italia: quella dello stipendio fisso e dei pensionati inutili allo sforzo produttivo (salvo quelli che tornano alla opzione numero due), ma utilissimi a far muovere l’economia e quindi il Pil. Delle tre Italie, la seconda è quella che qui ci interessa: il ministero dell’Economia e Finanze (esiste, anche se sembra un ossimoro in questo Paese) ha comunicato oggi il numero dei matti, di quegli Italiani che invece di aspettare il reddito di cittadinanza o un ristoro di Giuseppi si sono rimboccati le maniche ed hanno alzato la saracinesca della loro bottega: nel terzo trimestre del 2020 sono state aperte 104.904 nuove partite Iva con un incremento di circa il 3% rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. Da segnalare il consistente aumento rispetto al trimestre precedente (+10,2%) che evidenzia una consistente ripresa dopo il periodo di lockdown.
La distribuzione per natura giuridica mostra che il 71,1% delle nuove aperture di partita Iva è stato operato da persone fisiche, il 21,9% da società di capitali, il 3% da società di persone; la quota dei “non residenti” ed “altre forme giuridiche” rappresenta complessivamente il 4% del totale delle nuove aperture. Rispetto al terzo trimestre del 2019, persone fisiche e società di capitali evidenziano moderati aumenti (rispettivamente +1,2% e +4,6%), mentre le società di persone accusano un calo del 3,8%; da rimarcare il forte aumento delle aperture da parte di soggetti non residenti (+40,3%), legato alla crescita del settore delle vendite on-line.
Riguardo alla ripartizione territoriale, il 43,8% delle nuove aperture è localizzato al Nord, il 21,7% al Centro e il 33,9% al Sud e Isole. Il confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente evidenzia che i principali incrementi di avviamenti sono avvenuti in Valle d’Aosta (+16,8%), in Calabria (+11,9%) e in Basilicata (+11,8%). Le diminuzioni più consistenti nelle Marche (-5,8%), in Piemonte (-4,4%) e Liguria (-3,1%).
In base alla classificazione per settore produttivo, il commercio registra, come di consueto, il maggior numero di avviamenti di partite Iva con il 21,5% del totale, seguito dalle attività professionali (15,2%) e dalle costruzioni (10,1%). Rispetto al terzo trimestre del 2019, tra i settori principali i maggiori aumenti si notano nella sanità (+23,6%) evidente effetto della crisi sanitaria in corso, nelle attività finanziarie (+16,7%) e nell’agricoltura (+13%). I cali di aperture più rilevanti si registrano nei settori che più hanno risentito della crisi Covid: attività artistiche e sportive (-19,4%), alloggio e ristorazione (-13,1%), e istruzione (-12,3%).
Relativamente alle persone fisiche, la ripartizione di genere mostra una sostanziale stabilità, con la quota maschile al 63,1%. Il 49,2% delle nuove aperture è stato avviato da giovani fino a 35 anni ed il 30,8% da soggetti appartenenti alla fascia dai 36 ai 50 anni. Rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno solo la classe più giovane risulta in attivo di avviamenti (+8,2%) e all’aumentare dell’età degli avvianti i cali sono progressivamente più consistenti (-9,5% per la classe più anziana). Analizzando il Paese di nascita degli avvianti, si evidenzia che il 21,8% delle aperture è operato da un soggetto nato all’estero, percentuale in aumento rispetto al passato. Nel periodo in esame, 48.068 soggetti hanno aderito al regime forfetario, pari al 45,8% del totale delle nuove aperture, con un decremento del 2,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono dei matti, appunto, ma le chance di salvezza di questo Paese sono affidate più a loro che al già citato Giuseppi che, sarà un caso?, ha imposto proprio a loro il secondo lockdown…