Oggi Conte decide sull’aggiornamento dei colori. E Zaia, mette le mani avanti per evitare che il Veneto viri dal giallo all’arancione. Un primo passo l’aveva fatto ieri – con i governatori di Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia- adottando autonomamente dei provvedimenti restrittivi rispetto al DPCM. Oggi, nella consueta conferenza stampa presso la Protezione Civile di Marghera per fare il punto sulla situazione Covid, ha “ricordato” a Conte che la situazione in Veneto è decisamente migliore rispetto a quella di marzo-aprile. E non perché il virus sia meno aggressivo, ma perché “il sistema tiene” ha affermato Zaia con un pizzico di giustificato orgoglio. E per dimostrarlo ha snocciolato dati su dati. Numeri, non chiacchiere. E numeri ponderati, facendo il confronto con la prima ondata.
Oggi la macchina sanitaria, forte dell’esperienza fatta, è più efficiente. Nelle ultime 24 ore i positivi sono stati 3600 su 47 mila tamponi eseguiti. In primavera risultava positivo il 20% di quelli che facevano il tampone. Oggi il 7-8%. E’ diminuito decisamente il numero dei pazienti che finiscono in terapia intensiva, oggi ce ne sono 227, il sistema può arrivare fino a mille. C’è un minor tasso di ospedalizzazione, passato dal 22% all’8%. E’ aumentato il turnover, siamo arrivato a 5008 dimessi, ed il tempo medio di ricovero è passato dalle 2/3 settimane della prima ondata a una settimana, il che significa che i letti si liberano prima. Infine ci sono meno casi di pazienti ricoverati dalle RSA.
Se poi si potesse utilizzare il test fai-da-te su larga scala, definito da Zaia “una figata” dopo averlo provato personalmente, si farebbe un bel passo avanti.
Tutto questo significa che il sistema sanitario veneto tiene e se anche il virus circola, è anche vero che gli ospedali sono in grado di far fronte alla situazione con maggior efficacia rispetto a primavera. Zaia non lo ha detto, ma sicuramente l’avrà pensato: sono altre le regioni da far diventare arancioni se non rosse. Non certo il Veneto.