(di Gianni De Paoli) Zaia è riuscito nel suo intento: il Veneto rimane giallo. Marche, Emilia-Romagna, Friuli- Venezia Giulia diventano arancioni. La Campania e la Toscana rosse. Noi rimaniamo gialli. Questo è il frutto dell’organizzazione sanitaria che il Veneto s’è costruito negli anni, dei provvedimenti più restrittivi rispetto all’ultimo DPCM presi da Zaia nei gironi scorsi e, diciamolo pure, anche del comportamento del popolo veneto, notoriamente più disciplinato ed ordinato di altri. “E’ un giallo plus” ha sottolineato Zaia, nel senso che qualche limitazione alla libertà di movimento dei cittadini è stata adottata per evitare una delle prime cause di contagio che sono gli assembramenti, ma tutto sommato in Veneto stiamo meglio di altri dato che rimaniamo nella fascia gialla con Trento, il Lazio e la Sardegna siamo gialli. Il resto dell’Italia è rosso o arancione.
Un altro risultato che il Governatore può mettere nel suo carnet e, per dare una lettura più “politica”, un altro passo verso l’autonomia che è l’obiettivo che a medio termine vuole raggiungere. Già, l’autonomia. Ce n’eravamo dimenticati che Zaia è un leghista doc e che nella Lega, la Liga è quella che più è rimasta attaccata al tema dell’autonomia anche dopo aver accettato la linea “nazionalista” di Salvini? Avevano dimenticato – o fatto finta di dimenticarsi- che il 22 ottobre 2017 il Veneto ha celebrato un referendum dove l’istanza autonomista aveva ottenuto il 98,8% dei consensi e che Zaia è stato riconfermato Governatore con il 76% dei voti? Tutto ciò non è casuale. Sono tutti indizi coerenti e concordanti che, uniti al credito nazionale che il Veneto s’è guadagnato presso l’opinione pubblica nazionale e internazionale nella gestione della pandemia, portano ad un’unica conclusione: se in Italia, fra le regioni che l’hanno richiesta, c’è una regione che merita l’autonomia questa è il Veneto. L’autonomia ha tanti nemici, lo sappiamo. Ma a volte i fatti, la realtà, l’esempio, la serietà vincono anche le resistenze più dure.