Con la seconda ondata della pandemia si impenna il prezzo delle principali materie prime agricole con la soia che fa registrare la quotazione più alta dal giugno 2016 con un aumento del 12% nell’ultimo mese mentre il mais fa segnare il valore più elevato dal luglio dello scorso anno per i contratti future alla chiusura settimanale del Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento internazionale delle materie prime agricole.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata a Verona all’incontro “Il progetto consorzi agrari: la piattaforma per la protezione, lo sviluppo e il futuro delle aziende agricole“. In controtendenza alle difficoltà dell’economia globale, la corsa a beni essenziali – sottolinea la Coldiretti – sta facendo aumentare le quotazioni delle materie prime agricole necessarie per garantire l’alimentazione delle popolazione in uno scenario di riduzione degli scambi commerciali e di cali produttivi dovuti all’andamento climatico. Gli effetti della pandemia – continua la Coldiretti –si trasferiscono dunque dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con l’incertezza sugli effetti della nuova ondata di contagi e dell’arrivo del vaccino. L’emergenza Covid sta innescando un nuovo cortocircuito sul fronte delle materie prime nel settore agricolo che ha già sperimentato i guasti della volatilità dei listini in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria ed ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodities, dal grano al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività rispetto ai concorrenti stranieri. Proprio per i ritardi infrastrutturali in Italia – spiega la Coldiretti – si trasferiscono solo marginalmente gli effetti positivi delle quotazioni sui mercati internazionali che invece impattano molto più pesantemente sul lato dei costi per le imprese. In questo il quadro in cui si inserisce il progetto Cai (Consorzi agrari d’Italia) finalizzato a rafforzare la struttura agricola nazionale per competere con i grandi player globali in grado di operare massicci investimenti e per affrontare con instabilità e fluttuazioni dei mercati che la pandemia potrebbe aggravare. Il nuovo progetto dei Consorzi Agrari rappresenta un’opportunità per tutte le imprese agricole Venete per recitare un ruolo da protagoniste su un mercato globale che oggi è pericolosamente sbilanciato verso realtà sovranazionali che continuano a prosperare sfruttando la frammentazione e i deficit strutturali del nostro sistema produttivo.
L’idea è quella di creare un grande polo economico e infrastrutturale, capace di rendere più forti e solide le realtà sul territorio facilitando l’accesso ai mezzi tecnici e produttivi, dalle sementi agli agrofarmaci fino al commercio, che sono oggi saldamente nelle mani di un cartello di multinazionali che impongono prezzi in condizioni quasi di monopolio. Un impegno per creare economie di scala e cogliere tutte le opportunità che vengono dall’innovazione con l’agricoltura 4.0 e l’utilizzo dei big data per tagliare i costi di produzione delle imprese ed aumentarne la competitività.
Per questo è stato scelto un alleato in Bonifiche Ferraresi la più grande azienda agricola d’Italia e soprattutto un grande hub per l’innovazione, dal seme al cibo di qualità, ai servizi per l’agricoltura di precisione, dalle agro-energie alla sostenibilità ambientale. L’obiettivo del progetto è mantenere radici solide sul territorio con la forza e la dimensione necessaria per difendere gli interessi delle imprese agricole sul mercato globale. “L’emergenza globale provocata dal coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo” ha affermato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’Italia può contare su una risorsa da primato ma deve investire nel futuro per superare le fragilità presenti, difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento, in un momento di grandi tensioni internazionali”.