(di Stefano Tenedini- Prima parte) Non è passato troppo tempo da quando a Verona si parlava di dar vita a un Polo finanziario che forse era un’avventura immobiliare, ma voleva anche dare forza e consistenza a un’immagine che sembrava realistica: accreditare la città, il territorio e l’economia come il secondo polo italiano di attrazione per i capitali dopo Milano. La Banca Popolare e la Fondazione Cariverona più Cattolica Assicurazioni: nel progetto c’erano tutti i principali protagonisti del sogno di portare Verona nel gotha delle capitali finanziarie italiane – magari europee – partendo dall’area davanti a VeronaFiere. Ma non è andata a finire benissimo. Una ferita che brucia ancora, o almeno dovrebbe.
Da allora i cittadini veronesi hanno visto sbiadire molte illusioni, insieme alla montagna di risparmi che avevano affidato ai grandi nomi di cui si fidavano, e di cui in parte ancora si fidano. Ma in tempi di Covid, con una disoccupazione che cresce, le aziende che stentano a rialzarsi, il commercio e il turismo messi ancora peggio, il disavanzo di queste illusioni andate a male rischia di costare caro. Dove possiamo mettere i nostri risparmi? I patrimoni messi da parte per la pensione, per le difficoltà, per far studiare i ragazzi o viziare i nipotini? Ma soprattutto: alla fine cosa rimarrà in quei forzieri per il territorio?
Lo abbiamo chiesto a Consultique, società veronese leader italiana nell’analisi e consulenza finanziaria indipendente che fornisce al Sole 24 Ore dati e rating dal 2005. Fondata nel 2001 da Cesare Armellini, che la presiede, non è legata (né collegata) a gruppi bancari e viene remunerata esclusivamente dai clienti come un avvocato o un commercialista. Offre analisi, ricerche e pianificazione patrimoniale a privati, aziende e investitori istituzionali. È tra i fondatori delle associazioni dei professionisti e delle società del settore, Nafop e Assoscf. Ed è con queste competenze che ci ha spiegato le vicende finanziarie veronesi.
L’esame di un “portafoglio tipo” dei risparmiatori veronesi nella stragrande parte dei casi porta inevitabilmente a vedere delle posizioni azionarie sia del Banco BPM che di Cattolica Assicurazioni. Questo comunque accade anche in altri capoluoghi veneti, come Padova e Vicenza, nei confronti delle ex banche popolari locali. “C’è uno storico legame tra finanza e territorio, caratterizzato dalla fiducia che i risparmiatori ripongono non solo e non tanto nel concetto di investimento finanziario, ma piuttosto nei confronti di quelle istituzioni che apparivano solide e sicure”, spiega Andrea Cattapan, analista di Consultique (nella foto) . “Tanto da rappresentare il luogo nel quale riporre i propri risparmi e i propri progetti futuri, vista la profondità delle radici di questi soggetti nel territorio. Essere socio del Banco o di Cattolica era così anche un modo per partecipare alla vita sociale della città, facendo sentire la propria voce nelle assemblee”.
Sono soprattutto due le caratteristiche in comune tra Banco BPM e Cattolica Assicurazioni: il primo riguarda il modo con cui le società hanno attraversato le turbolente fasi degli ultimi anni di mercato, mentre la seconda è invece la resilienza manifestata dal “Dna veronese” di questi intermediari nei rispettivi settori bancario e assicurativo. Banco BPM, come gli altri titoli istituti italiani, ha attraversato negli ultimi dodici anni, sconquassi che nel mondo finanziario di matrice bancaria sono stati enormi: il post fallimento Lehman Brothers, la crisi del debito italiano o la debacle delle banche popolari venete così vicine, ma anche la stessa entrata in vigore dell’Unione Bancaria europea e, infine, l’avanzata della rivoluzione fintech.
“Gli esiti si sono rivelati economicamente disastrosi, con i titoli delle banche italiane crollati, dopo il 2008, di percentuali dal 50% al 99,9%, come in alcuni drammatici casi, con pochissimi istituti in grado di reggere gli urti susseguitisi nel tempo. Nello specifico un azionista veronese del Banco, dal 2008 in poi, si sarebbe visto ridurre un investimento di 10 mila euro a non più di 300 attuali, anche tenendo conto di tutti gli aumenti di capitale avvenuti nel tempo e dei dividendi. Ad impattare sui conti Lehman e la crisi del debito e dell’economia italiana, con conseguenze come la grave criticità dei crediti deteriorati, oltre a un contesto operativo”, sottolinea Cattapan “che ha visto progressivamente crollare i tassi di interesse e la rapida avanzata della tecnologia che ha di fatto trasformato le banche in soggetti da very old economy”.
Nel corso degli stessi anni è andata meglio (in verità solo un po’) per Cattolica Assicurazioni, anche se i risparmiatori veronesi non possono certamente dirsi soddisfatti. Gli stessi 10 mila euro investiti nel 2008 si sarebbero oggi ridotti a solo 3.700, anche tenendo conto delle buone cedole erogate nel tempo dalla società di Lungadige Cangrande. Anche in questo caso ha impattato in modo significativo sull’andamento il rischio Paese, così come l’erodersi dei margini del settore e la netta diminuzione del trend di crescita degli utili. “Due mondi, quelli del Banco e di Cattolica, che hanno accarezzato talvolta l’ipotesi di una fusione che potesse creare un grande e competitivo conglomerato nell’area della bancassurance, che affondasse le radici nel tessuto veronese. In realtà”, conclude Cattapan, “come vedremo più in dettaglio, la storia e le cronache di attualità hanno portato e stanno portando verso un altro destino finanziario”.
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