Sono 3.174 le donne seguite con percorso specifico dai Centri antiviolenza del Veneto in tutto l’anno scorso. Una flessione minima, 82 in meno, rispetto alle 3.256 del 2018 mentre è più marcato il calo del numero delle donne che si sono rivolte per un primo contatto ad uno sportello o ad un centro antiviolenza: 7.127 rispetto alle 8.464 del 2018.  Sempre nel 2019 sono state 2.182 le prese in carico ex novo e 984 le conclusioni o interruzioni di percorso. Nello stesso periodo, sono 215 gli uomini “maltrattanti” presi in carico dai 7 centri veneti specializzati e monitorati dalla Regione. 

In occasione della Giornata mondiale per il contrasto alle violenze sulle donne (25 novembre), i dati vengono resi noti dall’assessore alla Sanità ed ai Servizi Sociali Manuela Lanzarin, annunciando la consueta pubblicazione annuale del report: “Un documento che quest’anno ci invita ad una maggiore attenzione. Le restrizioni dovute alla pandemia, infatti, per molte donne sono un motivo di ulteriore ansia e pericolo. Alla tensione del rischio di contagio per sé e i familiari si aggiungono quelli di un confinamento con quel partner che molto spesso è l’autore di violenze fisiche o psicologiche. Il tutto in un clima che, purtroppo, lascia spazio all’esasperazione dei rapporti e l’insofferenza e più facilmente rende testimoni di situazioni gravi anche i bambini. Il report dice a queste donne che i mezzi per reagire ci sono, che altre come loro hanno trovato il giusto sostegno per la via del riscatto, che c’è chi non ignora il problema e garantisce i servizi indispensabili per debellare questa piaga”.

L’analisi della situazione, segnala come l’invio della vittima ai Centri Antiviolenza avviene sempre più frequentemente da parte di servizi territoriali (servizi sociali, medico di base, Forze dell’Ordine, Pronto soccorso, consultori, psicologo o psichiatra). Tramite questi canali, infatti, si registra ormai nel 31% dei casi a fronte del 27% dell’anno precedente.

“Questo significa che una donna su tre ha conosciuto e contattato il centro grazie al lavoro di squadra tra i servizi e che la rete inizia a dare risultati ragguardevoli – sottolinea l’Assessore –.  La realtà operativa a sostegno delle donne vittime di violenza nella nostra regione è, ad oggi, composta da 25 centri specifici cui si aggiungono 35 sportelli diffusi sui singoli territori provinciali e 23 Case rifugio. Queste ultime, l’anno scorso, hanno registrato complessivamente un totale di 29.219 presenze giornaliere, dato anche questo in crescita rispetto all’anno precedente che ne ha contate 22.403. L’insieme riassume un’attenzione al problema ormai ben radicata e un impegno importante: 67 donne hanno conquistato una propria autonomia personale, 43 quella abitativa e 47 quella lavorativa. Sono numeri, però, che non ci consentono di abbassare la guardia; 25 donne, purtroppo, hanno fatto rientro nel proprio ambiente familiare. Dico purtroppo perché l’82% dei casi di violenza rilevati nel Veneto avviene nell’ambito di quelle relazioni che neanche per convenzione possiamo definire affettive”.

L’ambito relazionale e “affettivo” si conferma la circostanza principale dei casi di violenza: il 62% vede coinvolti i coniugi o i partner conviventi e non conviventi delle donne, all’interno quindi di relazioni in corso. A questo va aggiunto un altro dato: il 22% circa della violenza è generata da relazioni concluse a causa dell’ex coniuge o partner.

“L’essenzialità dei numeri disegna un dramma, che se è tale per la dimensione personale della donna coinvolta, la cronaca ci ricorda che è tale per tutta la società – prosegue Lanzarin -. La Regione del Veneto, ormai da anni, è impegnata nell’assicurare le necessarie risposte alle donne vittima o minacciate di violenze. L’investimento di risorse finanziarie a riguardo è importante. A cominciare dai 700.000 euro destinati dal bilancio regionale a specifici progetti individuali di autonomia per le vittime prese in carico dalle strutture. Interventi per 2 milioni 317.128 euro, poi, sono garantiti dall’utilizzo delle risorse statali assegnate alla Regione con DPCM del 4 dicembre 2019 per la ripartizione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità 2019, a favore delle Regioni e delle Province autonome”. 

Questi ultimi fondi, nel dettaglio, sono così ripartiti: euro 1.589.128,29, ai Centri antiviolenza e alle Case rifugio; euro 125.000 per il finanziamento degli sportelli dei Centri antiviolenza; euro 193.000 da destinare ai Comuni, tramite i Comitati dei Sindaci, per il finanziamento della retta di accoglienza, anche in emergenza, delle donne e dei figli minori; euro 200.000  per il finanziamento del Voucher educativo per la realizzazione di percorsi di educazione alla pari dignità e al riconoscimento e rispetto dei diritti della donna nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado del Veneto; euro 210.000 per il finanziamento delle attività dei centri per il trattamento di uomini autori di violenza.

Queste ultime attività riassumono un altro importante lavoro. In Veneto, ad oggi, le strutture attive per il trattamento dei “maltrattanti” sono 7, tutte aperte negli ultimi sei anni e prevalentemente gestiti grazie al terzo settore (Padova, Rovigo, Montebelluna, San Donà di Piave, Venezia, Bassano del Grappa, Verona). Ogni struttura è dotata di una equipe di psicologi, psicoterapeuti, educatori professionali e sociologi, sia uomini che donne.

Sempre nel corso del 2019, le prese in carico complessive sono state 215, delle quali 149 attivate nell’anno su 193 richieste di primo contatto ricevute spontaneamente o tramite il partner o il Tribunale, la Ulss o altri soggetti della rete. La presa in carico, infatti, avviene dopo almeno tre colloqui preliminari.

“Incrociando il dato dei primi contatti e delle nuove prese in carico emerge il risultato di un altro notevole lavoro – aggiunge l’Assessore –  e di una ancora maggiore efficienza della rete dei servizi. In circa il 77% dei casi, infatti, il primo contatto si traduce in una presa in carico. Nel 2019, comunque, si sono registrate 43 interruzioni del percorso iniziato pari circa al 20%, causate prevalentemente da abbandono volontario, motivi di lavoro, cambio di residenza, invio ad altri servizi, valutazione di non idoneità alla tipologia di percorso, anche incarcerazione. L’obbiettivo deve rimanere quello di portare a compimento il maggior numero possibile di percorsi. Questo anche a beneficio del ‘maltrattante’ che riceverà l’opportuna cura ma soprattutto a tutela della donna. Il 16% degli uomini seguiti ha già precedenti per violenza. Significa che, una volta riconosciuta una situazione su cui intervenire, va percorsa ogni via per prevenire recidive”.

Per quanto riguarda il soccorso immediato a favore delle donne dopo l’atto di violenza, inoltre, sfruttando lo specifico finanziamento statale (euro 293.170 per gli anni 2020-2021), anche quest’anno in Veneto prosegue il progetto “La violenza di genere nel sistema dell’urgenza: dal riconoscimento alla risposta operativa”. Grazie ad esso è prevista la formazione professionale specifica del personale sanitario operante nel Sistema dell’Emergenza – Urgenza in ciascuna Azienda Ulss o Azienda Ospedaliera del Veneto, accompagnata da aggiornamenti e-learning e la prosecuzione della campagna di diffusione del materiale informativo.