Giorgio Gabanizza con la sua bici, pedalando senza fretta per la sua Verona come se il tempo non contasse, ha attraversato due secoli. Ha percorso la seconda metà del ‘900, iniziando, a fare politica da adolescente ed ha continuato coerente il suo percorso nel terzo millennio, sempre in bicicletta e politicamente impegnato, modulando l’attività a seconda delle stagioni della vita, e sempre su posizioni di una sinistra vera, impiantata saldamente sui principi del marxismo.
” Nel 1957 mi sono iscritto al Partito Socialista, nel ’64 ho aderito alla scissione del Psiup – racconta- che nel ’72 è entrato nel Partito Comunista dove sono rimasto nelle successive varianti Pds e Ds. Quando è stato fondato il Partito Democratico (fusione di ex pci ed ex dc) non vi sono entrato ed abbiamo cercato di dare una prospettiva politica alla sinistra, cercando di mettere insieme le sue diverse anime coniugandole con l’ambientalismo, da Sinistra Democratica a Sinistra Arcobaleno, da Sinistra Ecologia Libertà a Liberi e Uguali assieme a Fratoianni e Bersani,. Infine con Sinistra italiana tentiamo ancora, ostinatamente, di costruire una rete rosso-verde cercando di mettere insieme le diverse espressioni della sinistra e dell’ambientalismo”.
A guardarlo, Gabanizza si vede che è un intellettuale di sinistra. Con una caratteristica sostanziale: la conoscenza lui non l’ha chiacchierata nei salotti, ma l’ha declinata nell’attività politica che vive in maniera totalizzante, come altri della sua generazione, di sinistra o di destra poco importa. Laureato alla Facoltà di Sociologia di Trento, fucina di una parte importante della classe dirigente della sinistra, conduce le sue battaglie a vari livelli. Dal 1970 al 1980 è consigliere provinciale di Verona, dal 1980 al 1990 consigliere comunale di Verona e dal 1990 al 2000 consigliere regionale del Veneto. Attività supportata da una salda cultura che non ha mai cessato di coltivare e che recentemente lo ha portato a pubblicare anche un libro, “Stagioni ritrovate e Appunti per un poema“, poesie composte tra il 1960 e il 1965, in un’altra epoca, ma tutt’ora attuali.
“La mia – dice sintetizzando- è una sinistra plurale, democratica, rosso-verde, che punta alla difesa dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani tenendo conto della difesa dell’ambiente in cui viviamo minacciato da un capitalismo che impoverisce i cittadini e distrugge la natura”.
E la sinistra di adesso?
“Mi permetto di ritenere che il PD è una variante del Pensiero Unico -risponde senza esitazione- su posizioni, talvolta progressiste, ma neo-liberiste. Per questo, quando si è costituito il Pd , con Giovanni Berlinguer, Fabio Mussi, Claudio Fava, Nichi Vendola e molte e molti altri non siamo entrati per fondare Sinistra Democratica che, nel tempo, per aggregare altre organizzazioni analoghe, ha cambiato nome ma non prospettive politiche.
Alla luce della sua esperienza qual è lo stato della democrazia oggi?
“Il sistema dominato dal Pensiero Unico la sta smantellando pezzo dopo pezzo. Un esempio è stata la riforma delle province: hanno mantenuto le medesime competenze ed hanno solo abolito il momento democratico dell’elezione dei consiglieri. Per non parlare del sistema maggioritario, dell’impossibilità dell’elettore di scegliere i propri rappresentanti con la preferenza, della trasformazione dei partiti che oggi sono nelle mani di un capo, privi di confronto e di democrazia interna, perdendo così il loro ruolo di mediatori fra il popolo e le istituzioni.”
Lei è stato per dieci anni consigliere regionale del Veneto dove il tema dell’autonomia è molto sentito. Qual è la sua posizione?
“Sono sostanzialmente favorevole all’autonomia perché porta più vicino ai cittadini la sede delle decisioni ed è quindi un compimento della democrazia. Però essendo la regione un ente legislativo e di coordinamento, l’amministrazione va lasciata al livello provinciale e comunale secondo il principio della sussidiarietà.”
E visto che mi parla del livello comunale: un suo giudizio sull’amministrazione Sboarina?
“E’ una amministrazione di destra assai divisa, debole, espressione della crisi complessiva del blocco di potere che comanda da anni Verona e della sua incapacità di rappresentanza.”