(di Gianni De Paoli) Mancano pochi giorni al 9 dicembre quando il Parlamento dovrà esprimersi sull’adesione al Mes e per Conte potrebbe essere lo scoglio contro il quale si va a infrangere la navicella del suo esecutivo. La maggioranza è divisa a causa dell’atteggiamento diversificato fra il Pd, favorevole, e il M5S che è spaccato e in Senato, dove i numeri del governo sono già precari, potrebbe verificarsi una sonora bocciatura. Scontato il voto contrario dell’opposizione, il problema ora sono i grillini spaccati in due, fra l’ala governativa, favorevole al Mes, e quella movimentista decisamente contraria. Di Maio ha sentenziato che votare no sarebbe come “portare la testa di Conte sul patibolo“, immagine che rende bene l’idea di un esecutivo che rischia una fine clamorosa con tutto quel che conseguirebbe. In queste ore è scatenata la “diplomazia” filo-europea dei partiti della maggioranza per convincere i riottosi. La posta in palio è alta e uno degli argomenti più forti usati a sostegno di Conte, più che entrare nel merito del Mes, è che l’emergenza che stiamo vivendo non ci consentirebbe vuoti di potere in caso di caduta dell’esecutivo.

Mattarella avrà il suo bel da fare in questi giorni, ma d’altra parte era inevitabile che prima o poi, con una maggioranza messa in piedi a forza e soprattutto volendo insistere a mantenere in vita un governo privo del consenso popolare, potesse avvenire il patatrac. 

Tutti si rendono conto che il momento non sarebbe dei più propizi per sovrapporre ad una crisi economica e sociale come mai abbiamo visto anche una crisi di governo. Ma questa è una responsabilità che grava su chi ha voluto Conte a tutti i costi pur di non tornare alle elezioni quando lo si poteva fare senza i problemi che invece ci sono oggi.