(di Michele Croce *) Verona si trova davanti ad un bivio, di storica importanza: cogliere l’occasione della ripartenza post-pandemia ed acquisire un ruolo leader fra le città del Nord Italia oppure precipitare in una comoda, sonnolenta, decadenza fatta di bei ricordi, di qualche singola eccellenza, ma di marginalità politica e sociale. Il bivio è fra diventare una Città ambita, che sappia attirare imprese, startupper, uomini di arte e di cultura oppure accontentarci di essere una delle tante, belle, tranquille, città della provincia italiana dove trascorrere un weekend, fare una passeggiata in centro e poco di più.
Non abbiamo molto tempo per decidere, anzi: la decisione di optare per un pernicioso lassez-faire è già nei fatti.
Verona non ha una strategia industriale, non ha ancora deciso se vuole vivere di rendita o se vuole accogliere le schiere più innovative dell’industria (che oggi fa rima con innovazione tecnologica) italiana ed europea; non ha deciso la sua politica di sostenibilità (considerata la vera leva di sviluppo dei prossimi anni), vocabolo che non sentiamo mai, neppure per sbaglio, nei discorsi di chi amministra la città, cullandosi nel disegno utopico di un Central park come obiettivo isolato e fine a sé stesso di una “visione green” di città a cortissimo respiro. La Municipalità conta su un patrimonio di oltre 500 milioni di euro, ma non sta sfruttando questo “tesoretto” – che è frutto del lavoro dei Veronesi – per produrre nuova ricchezza, nuove occasioni di lavoro qualificato e di crescita della società.
Abbiamo perso troppo tempo in questo mandato amministrativo che si era annunciato “di rottura e di rivoluzione”. In realtà abbiamo visto poco o nulla.
Abbiamo visto sì la fusione, ad esempio, fra AGSM Verona e AIM Vicenza (senza tacere che il vero obiettivo, per fortuna sventato, era il saccheggio pro Milano), ma non abbiamo visto la strategia per il futuro prossimo di questa realtà in una fase congiunturale dove alle Multiutility è chiesto di guidare la transizione energetica ed economica dei propri territori.
Abbiamo visto il declino pre-Covid dell’Aeroporto, divenuto ancor più e sempre più di estrema provincia, con una strategia attendista e non di “rottura e rivoluzione”.
Abbiamo visto una situazione inaccettabile sul Filobus, con decine di cantieri abbandonati in città, “grazie” a scelte che mettono a rischio il patrimonio comunale, scelte fatte – appunto – senza una strategia. Abbiamo visto nomine, rimpasti, revoche conditi ad eterni rinvii in scelte essenziali (AGSM è senza Presidenza da oltre sei mesi nella fase più importante della sua ultracentenaria storia) che hanno immobilizzato la città troppo a lungo. Abbiamo visto anche troppo, e non ci piace lo scenario nel quale si sta gettando Verona.
Abbiamo diciotto mesi per provare a cambiare l’inerzia di questa Amministrazione. Si badi bene, non per partecipare alla cornucopia delle poltrone e degli incarichi; non per acquisire personali posizioni. Il momento è drammatico e richiede, da parte di tutti, una enorme assunzione di responsabilità. Che non vuol dire, una melassa di idee o peggio una nuova stagione di clientele: questo è il momento di volare alto!
Dobbiamo tornare all’esempio dei Padri fondatori della Verona moderna, quelli della ricostruzione: ai preti e laici che nel 1896 nella Chiesta di Sant’Eufemia fondarono Cattolica Assicurazioni, al Sindaco Guglielmi che nel 1898 costituì Agsm, al tenore Zenatello che nel 1913 si inventò il Festival Lirico in Arena, al Sindaco Giorgio Zanotto che nel primo dopoguerra portò a Verona Autostrade e Università, tanto per fare alcuni esempi. Personaggi straordinari del cui intuito e lavoro godiamo ancora oggi i frutti.
Quei politici non temevano di dividersi – erano democristiani, comunisti, socialisti, repubblicani, liberali, missini – ma men che meno temevano di mettere insieme le energie davanti ad un progetto condiviso utile alla città. Non avevano paura del confronto, della polemica più aspra. Avevano soltanto paura di non farcela a risollevare Verona, a darle una prospettiva, un futuro di crescita.
In ballo non ci sono le posizioni personali, l’unico orgoglio che ci deve muovere è quello di appartenere alla classe dirigente della città più bella del mondo che oggi – però – deve compiere delle scelte che garantiscano ai nostri Figli, e ai nostri Nipoti, una vita ricca di opportunità. Qui, a Verona. Non altrove. E’ l’ora di rimboccarci le maniche, di tornare a parlare di futuro, di riscoprire la voglia di fare “buona politica” e non accordi al ribasso.
C’è bisogno di un nuovo Civismo per Verona, che sia estremista nella voglia di imporre un salto di qualità, ma che sia moderato, capace di costruire – anche attraverso un confronto leale, aperto, duro quando necessario – la migliore strategia per Verona. Io, Noi, ci siamo. (* Leader di PrimaVerona)