Verona nell’immaginario collettivo è una città di destra. Nel 1994, inizio 2.a Repubblica, era stata la prima grande città del nord a essere amministrata dal centrodestra, con Michela Sironi, Forza Italia, sindaco. Nel 2002, alla scadenza del secondo mandato, accadde quel che nessuno avrebbe immaginato. Verona venne consegnata alla sinistra da un incredibile errore firmato Berlusconi, Fini e Galan. Imposero, al posto di Paolo Danieli, senatore di An, gradito un po’ a tutti, compreso al gruppo del sindaco uscente, il candidato sbagliato: Pierluigi Bolla, nella foto, amico di Galan.
Eppure tutto filava liscio. La candidatura del senatore era nell’ordine delle cose. Ad An toccava un sindaco, visto che nei capoluoghi del Veneto non ne aveva neanche uno. E Danieli, non essendo un professionista della politica ma un professionista prestato alla politica, godeva di una buona immagine. All’ultimo momento però l’ingordigia di Galan, supportato da Berlusconi e da Fini, che aveva sempre visto con un certo fastidio l’autonomia politica del senatore, confezionarono il capolavoro. Al posto di Danieli venne candidato Bolla. Il centrodestra si spaccò. Una parte non accettò la decisione. Fu debacle. Gli elettori del centrodestra non accettarono l’imposizione romana e Bolla non lo votarono. Vinse il centrosinistra. Venne eletto Paolo Zanotto, cattolico di sinistra, figlio del più celebre Giorgio, già sindaco (1956 -1964) e presidente della Banca Popolare. Verona, città di destra, venne regalata al centrosinistra.
Né Berlusconi, né Fini, né Galan fecero mai ammenda né pagarono per questo grave errore. Zanotto durò cinque anni. Nel 2007 i veronesi non gli rinnovarono il mandato e votarono Tosi. Questo tanto per rinfrescare la memoria. Per evitare che il centrodestra faccia un altro harakiri. Il 2022 è dietro l’angolo. La prima condizione per vincere è l’unità. I responsabili dei partiti se lo ricordino: il centrodestra deve stare unito.