A Verona abbiamo il prof. Ercole Concia, infettivologo, già titolare della cattedra di Malattie Infettive della nostra Università, ma soprattutto persona seria. E’ un numero uno della materia. A differenza di tanti suoi colleghi, che sono sempre in tv a pontificare e magari a dire tutto e il contrario di tutto, non ama apparire. E dalla sua bocca non è mai uscita una parola che poi non sia stata confermata dai fatti. L’Adige l’ha sentito per fare un po’ di chiarezza sul Covid. In particolare sui vaccini, visto che alcuni dicono di non volersi vaccinare e esprimono dubbi sulla loro efficacia e sicurezza.
Professore, non ci resta che il vaccino per uscire dall’emergenza Covid?
«Il vaccino è l’unica arma che abbiamo per battere il Covid. Solo che per essere efficace, per ottenere l’immunità di gregge si deve vaccinare il 70/80% della popolazione. E’ quindi utile dissipare dubbi e paure e convincere la gente a fare il vaccino. Purtroppo ci manca il farmaco per curare il Covid-19. L’antivirale (il Rendesivir, che funziona per l’Ebola) non è molto efficace. D’altra parte bisogna sapere che per produrre l’antivirale efficace per l’Aids ci sono voluti 12 anni. Quindi il vaccino è l’unica strada».
Uno dei timori che vengono espressi è che il Pfizer, che è un vaccino “genico”, possa interferire con il nostro corredo genetico. E’ un timore fondato?
«Nessun timore. L’Rna messaggero del vaccino insegna alle cellule del vaccinato a sintetizzare le proteine Spike, che sono la chiave che permette al Covid di entrare nelle nostre cellule. Una volta che le nostre cellule hanno imparato a produrre le proteine Spike, esse stimolano il sistema immunitario a produrre gli anticorpi specifici. Così, se si entra in contatto col virus, questo trova gli anticorpi che bloccano le Spike e impediscono l’ingresso del virus nelle cellule, dando immunità. L’Rna del vaccino è coperto di lipidi, va nel citoplasma, non entra nel nucleo, ha vita breve e una volta esaurita la sua funzione si degrada senza alcuna interferenza sul Dna delle nostre cellule. Si tratta quindi di un timore immotivato».
Funzionano così anche gli altri vaccini ?
«Tutti i vaccini attualmente allo studio si basano su questo meccanismo genico. L’unico problema, come per molti altri farmaci, è quello di una reazione allergica. Perciò dopo la somministrazione bisogna aspettare una quindicina di minuti in ambiente protetto per poter intervenire con l’adrenalina. Ma si tratta di un’eventualità piuttosto remota».
Quindi ci possiamo vaccinare tranquillamente?
«Certo. Ci dobbiamo vaccinare, anche se per ora non è obbligatorio farlo. E’ un dovere sociale per proteggere quelli che non si possono vaccinare e per raggiungere l’immunità di gregge. Le mie preoccupazioni riguardano l’operatività. Manca il personale. Servono 15/16 mila infermieri, ma non è stato ancora fatto il bando per assumerli. Inoltre il Ministero ha ordinato 40 milioni di vaccini AstraZeneca, che hanno dato solo il 60% di efficacia. Il fatto strano è che durante la sperimentazione è uscito che somministrando metà dose l’efficacia è salita al 90%. L’EMA (l’agenzia europea che autorizza la distribuzione) sta valutando questi dati. Ma se venisse confermata l’efficacia del 60% sarebbe un problema, perché 4 vaccinati su 10 non sarebbero immunizzati. E l’Italia ne ha ordinati 40 milioni…»
Dopo quanto tempo il vaccino è efficace?
«Il vaccino Pfizer si somministra con due iniezioni a distanza di almeno 3 settimane. La protezione dal virus, valutata attorno al 95%, quindi molto alta, si verifica dopo una quindicina di giorni dalla seconda somministrazione. E’ ovvio che nel frattempo bisogna mettere in atto tutte le precauzioni che sappiamo».
E se non si raggiungesse il 70/80% dei vaccinati?
«Bisognerebbe rendere il vaccino obbligatorio. D’altra parte non ci sarebbe niente di strano dato che ci sono già 10 vaccini obbligatori. Aggiungerne uno non sarebbe la fine del mondo! Ma la fine del Covid sì».