(di Giovanni Serpelloni) Il distanziamento sociale per bloccare il Covid19 non funziona: lo comunica una ricerca frutto del lavoro di un gruppo di scienziati, esperti di fisica dell’atmosfera, dinamica dei fluidi e bio-fluidodinamica, che fanno parte dell’Università di Genova, Okinawa Institute of Science and Technology, Università Cote d’Azur e della sezione genovese dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
(Un argomento che era stato già oggetto di precedenti segnalazioni da altri ricercatori coreani https://jkms.org/DOIx.php?id=10.3346%2Fjkms.2020.35.e415&fbclid=IwAR3r1qIWeIHLXYvNhrkIXjGYoCbB1tyc-NzdFcUKdeG4gVww0CCVdu4Bd30)
L’attuale non approfondita conoscenza circa la dimensione delle goccioline di saliva, ma soprattutto le dinamiche aeree in ambiente chiuso, diversamente ventilato e con movimentazione delle persone che accompagnano le esalazioni umane (tosse, starnuti, ecc.) e che fungono da veicolo per il virus Sars-CoV-2, non permette di identificare scientificamente una distanza capace di garantire sicurezza tra gli individui. Purtroppo questo è anche confermato dall’osservazione empirica di come l’epidemia si diffonda lo stesso anche all’interno di scuole, ristoranti e bar dove l’applicazione di tali distanze fittizie ha addirittura comportato importanti e costose ristrutturazioni.
È ormai un fatto assodato che il Covid-19 sia in gran parte causato dalla trasmissione per via aerea e da questo punto di vista l’uso costante della mascherina è l’unico modo attualmente comprovato di avere una maggiore sicurezza anche se chiaramente parziale.
Alla luce di tale meccanismo di contagio, il distanziamento è e rimane di fondamentale importanza per limitare la diffusione della malattia. Ma necessariamente non può essere basato su una misura fittizia e puramente inventata. La ragione di ciò è ovvia: le goccioline hanno un certo peso e prima o dopo cascano a terra ma quelle con dimensioni di pochi micron possono fluttuare nell’aria ed essere trasportate più lontano. Difficile quindi identificare al meglio la distanza a cui cadono la maggioranza di esse per identificare precisamente una fascia di rischio attorno alla persona infetta. Nella costruzione dei modelli teorici, bisogna tenere conto anche di importanti fattori ambientali che possono incentivare il trasporto a distanza e la concentrazione di particelle.
In ogni caso questa distanza sembra non essere quella del metro, come suggerito dall’Oms. “Non esistono evidenze che dimostrino che il distanziamento di 1 metro sia sufficiente – sottolinea il prof. Mazzino coautore della ricerca in una intervista a Sky TG24 – il nostro studio utilizza modelli fisico-matematici che dimostrano che le linee guida Oms in fatto di distanziamento non hanno alcun fondamento scientifico”. Sicuramente non sono buone notizie, ma meglio avere un dato di realtà che una illusoria ed errata convinzione su cui le persone e gli imprenditori ristrutturano i loro comportamenti e i loro ambienti anche con grandi costi economici oltre che sociali e psicologici.
La determinazione delle distanze minime di sicurezza non può prescindere anche dal prendere in considerazione contestuale i flussi di aria presenti, la ventilazione e le strumentazioni idonee a creare estrazione e canalizzazione immediata dell’aria espirata contenente particelle virali. In altre parole la possibilità di contagio tramite il respiro e la vicinanza con un altra persona non è da intendersi come se fossimo vicino ad un campo magnetico fisso da cui basta allontanarsi per sottrarsi dalla sua influenza. Qui la cosa è diversa e l’esempio più evocativo che si può fare per far comprendere le dinamiche di trasmissione aerea è quella di pensare a 10 fumatori in una stanza a distanza di un metro l’uno dall’altro e guardare il percorso aereo e il mixing tra loro del fumo emesso. È poi c’è la variabile “carica virale” a complicare ulteriormente le cose.
Quindi: distanza di almeno due metri ma contemporaneamente non frequentare ambienti chiusi e/o mal ventilati, provvedere ad avere flussi laminari ambientali estrattivi senza riciclo d’aria, disinfezione delle superfici, mascherina e lavaggio delle mani. Convinti comunque che la sicurezza a 100% frequentando persone in ambienti chiusi purtroppo non l’avremo mai.