La sindrome di Leigh è una delle manifestazioni pediatriche più gravi tra le malattie genetiche mitocondriali, malattie ereditarie che colpiscono il metabolismo energetico delle cellule. Colpisce 1 neonato ogni 36mila e causa regressione psicomotoria, con un picco di mortalità prima dei 3 anni di vita. Si tratta di una patologia molto varia, che si presenta in modi molto diversi.
Tra tutti i casi di manifestazione clinica di sindrome di Leigh, il sottogruppo della MILS, dovuta a mutazioni sul Dna mitocondriale (mtDNA), colpisce un nuovo nato ogni 100mila. Allo studio di questa particolare patologia, a trasmissione unicamente materna, è dedicato il progetto europeo “CureMILS – A reprogramming-based strategy for drug repositioning in patients with mitochondrial DNA-associated Leigh syndrome”, cui partecipa l’ateneo di Verona con Emanuela Bottani, ricercatrice del gruppo guidato da Ilaria Decimo, docente di Farmacologia nel dipartimento di Diagnostica e sanità pubblica, diretto da Albino Poli.
Il progetto, finanziato con 2,4 milioni di euro, attraverso lo European Joint Programme on Rare Diseases, avrà durata triennale e ha l’obiettivo di cercare tra i farmaci già esistenti uno che possa essere utilizzato come trattamento per la MILS.
Lo studio coinvolge otto partner accademici di sei Paesi europei tra cui, oltre a Verona, Germania (Heinrich Heine University, Duesseldorf; Fraunhofer IME, Hamburg), Austria (Innsbruck University), Paesi Bassi (Radboudumc), Finlandia (University of Helsinki), Polonia (Institute of Genetics and Animal Biotecnologie, Jastrzebiec), Lussemburgo (Università del Lussemburgo) e l’organizzazione internazionale di pazienti mitocondriali, la Mito Patients (IMP). Altri partecipanti includono collaboratori (provenienti da Germania, Paesi Bassi e Italia), Oroboros Instruments GmbH e la Rete tedesca per i disturbi mitocondriali (mitoNET). Coordinatore del Progetto è Alessandro Prigione docente dell’università Heinrich Heine di Düsseldorf.
“Il progetto EJP RD JTC 2020 ha come obiettivo principale lo screening di oltre 5500 farmaci già approvati dalla FDA, l’agenzia del farmaco statunitense, che potrebbero essere utilizzati per il trattamento della MILS, una patologia genetica mitocondriale rara, ad oggi incurabile”, spiega Bottani. “Dati preliminari hanno identificato i farmaci appartenenti alla classe degli inibitori della fosfodiesterasi 5 (dall’inglese Phosphodiesterase inhibithor 5, PDE5i), come possibili farmaci efficaci per il trattamento della MILS. L’obiettivo del gruppo veronese sarà quello di identificare il meccanismo di azione dei PDE5i sulle disfunzioni mitocondriali caratteristiche della malattia, così da eleggerli farmaci di riferimento per la MILS”.
Lo studio prevede l’utilizzo di cellule prelevate dalla cute dei pazienti (fibroblasti), che saranno “riprogrammate” a diventare cellule staminali, le quali, a loro volta, possono essere indirizzate a diventare qualsiasi tipo cellulare. In questo caso, saranno riprogrammate a precursori neurali, le cellule che poi “diventano neuroni” una volta maturi e che serviranno da modello in vitro per lo screening di nuovi farmaci ed identificazione dei meccanismi molecolari.
“Il progetto avrà come importante impatto principale l’identificazione di farmaci già in commercio per altre patologie, che potrebbero essere utilizzati da subito per avviare studi clinici multicentrici su pazienti MILS”, conclude Bottani, “a questo potrebbe seguire una sperimentazione clinica, con conseguenti benefici per i pazienti MILS, che potrebbero avere a disposizione già nei prossimi anni un farmaco per il trattamento della patologia”.