(di Paolo Danieli) La sentenza del Tribunale di Verona sui cambi di casacca (che ha visto contrapposti l’ex assessore Edi Maria Neri, nella foto, e Michele Croce, leader di PrimaVerona) va letta correttamente. Il giudice non dice che un eletto non può cambiare idea o uscire dal partito per il quale è stato votato. Afferma semplicemente che se ti impegni per iscritto a versare un tot al partito, l’impegno rimane anche se poi te ne vai. Niente di nuovo. Rispettare un “contratto” è una cosa normale. Un precedente che non mancherà di avere conseguenze visto che i cambi di casacca sono molto di moda. A questo punto alcuni hanno tirato di nuovo in ballo il “vincolo di mandato“, ma non c’entra. 

Abbiamo visto tutti il mercato delle vacche in Senato. Non ci fa dormire tranquilli sapere che siamo tutti in mano a un Ciampolillo qualsiasi o a una Mariarosaria Rossi che dopo essere stata creata dal nulla da Berlusconi ha votato per la sinistra. Ma il vincolo di mandato non c’entra. Non sappiamo che impegni scritti abbiano preso con i rispettivi partiti che, nel caso, non mancheranno di richiamarsi alla sentenza di Verona. Sappiamo solo che un conto è non trovarsi più d’accordo col partito d’appartenenza, un altro farsi comprare. Non ci vuole molto per capirlo.

Ad esempio, la scelta di D’Alema e Bersani, che in disaccordo con Renzi se ne andarono dal Pd per fondare un altro partito, fu eticamente ineccepibile. Non erano stati loro a cambiare, ma il Pd. Quindi anche nei confronti di chi li aveva votati la scelta era coerente. Con il vincolo di mandato avrebbero dovuto rimanere in un partito che non li rappresentava più. E ciò non sarebbe stato né giusto né democratico. Diverso il caso di quelli che cambiano casacca per trarne un vantaggio personale, come appunto nel mercato delle vacche. Ma in questo caso, più che le sanzioni derivanti da un eventuale “vincolo di mandato”, la riprovazione ed il disprezzo generale saranno la punizione migliore che li spazzerà via per sempre dalla scena politica.