Un problema non si può risolvere se non si rimuove la causa. Questo vale anche in politica. Pretendere di risolvere la crisi politica -non solo di governo- agendo sugli effetti è sbagliato. Le dimissioni di Conte sono la conseguenza dell’ingovernabilità data dalla composizione del Parlamento uscita dalle elezioni del 2018. Mattarella potrà dare l’incarico a chicchessia, di far esplorare ancora quanto è già noto e chiarissimo a tutti, ma il problema di costituire una maggioranza in grado di governare rimarrà. In queste ore non sappiamo ancora se assisteremo all’ennesima pagliacciata di Renzi: lui che fa retromarcia e Conte che accetta pur di rimanere in sella.
Comunque vada, questo è un Parlamento che non rispecchia più il paese reale e non ha mai avuto una maggioranza. E’ il risultato di uno sbandamento degli italiani che, ingannati dalla propaganda del mainstream, hanno votato un’accozzaglia di incapaci, accomunati solo dall’antipolitica. Se ne sono resi conto subito. Ma il danno era fatto.
C’è sempre da chiedersi cosa diavolo è saltato in mente a Salvini di andare al governo coi grillini. Oggi non saremmo in questa situazione. Mattarella avrebbe varato il governo giallo-rosso nel 2018 e nella situazione attuale ci saremmo trovati un anno fa. Non a ridosso del semestre bianco, quando non si potrà più votare. Così avrebbe avuto una scusa in meno per far proseguire la legislatura. Una legislatura nata morta. Hanno già provato a rianimarla due volte. Mattarella è democristiano, ma non basta essere cristiani per fare i miracoli. Prenda atto della realtà, sciolga le Camere e dia la parola al popolo sovrano.
In democrazia le elezioni sono la normalità. L’eccezione è evitarle a tutti i costi. Anche a quello di distruggere la democrazia stessa.