(di Paolo Danieli) Verona e Roma parallele. Non perché non s’incontrano mai – è un bel po’ che non s’incontrano più- ma perché in questo momento hanno la stessa esigenza: l’unità del centrodestra. Qui in riva all’Adige, perché è l’unica condizione per vincere le comunali del 2022. Là in riva al Tevere, perché è l’unico modo per evitare che la sinistra vinca le prossime elezioni.
Sia a Verona che a Roma i partiti che lo compongono devono trovare la quadra. Ognuno deve cedere su qualcosa. Va ricercato il minimo comune denominatore. Non bisogna guardare solo al proprio partito, magari succhiando un po’ di voti all’altro. Sarebbe un vantaggio effimero. Guadagnare qualche voto in una sconfitta generale non serve.
A Verona l’imperativo è vincere nel 2022. E per farlo ci vuole il centrodestra unito. Far coincidere la città reale con la città legale. A considerare la connotazione del corpo elettorale non ci sarebbero problemi. Basta guardare i risultati delle ultime regionali. Ma per il 2022 c’è un anomalia che va sanata. Si chiama Tosi. Con un po’ di buona volontà da parte di tutti ce la si può fare. Il senso di responsabilità non manca. Quello che accadde nel 2002 con la candidatura Bolla e la vittoria di Zanotto brucia ancora e dovrebbe aver insegnato qualcosa.
A Roma l’operazione Draghi rappresenta per il centrodestra un rischio ed un’opportunità. Il rischio è che si spacchi, che ognuno guardi solo alla sua bottega e prenda una strada diversa. Rotondi, astuto democristiano “post litteram”, ha detto: “Salvini ha fatto un giro con i cinquestelle? E allora perché non può farlo Berlusconi con Draghi?” L’opportunità è di porre le basi, nazionali ed internazionali, per andare assieme al governo del paese per i prossimi cinque anni. E lo si può fare solo col centrodestra unito. Le elezioni prima o poi le dovranno fare. Meglio se le avessero fatte subito. Ma con i se non si fa politica.