«Una nuova DC? Rifare la Democrazia cristiana? Beh, io ci starei. Io la rivorrei la vecchia DC. Però con chi potrei farla? Se mi guardo attorno non vedo nessuno disponibile alla chiamata…». Alzi la mano chi in questi giorni rivedendo Mastella e signora, Bruno Tabacci, Lorenzo Cesa, Pierferdinando Casini, lo stesso Mario Draghi, non abbia avuto un flash-back: il ritorno alla prima repubblica, con torme di democristiani a cavalcare liberi le praterie della politica nazionale. E a chi chiedere lumi sul ritorno della balena bianca se non ad Alfredo Meocci che quella balena ha cavalcato e ne conosce i più intimi segreti? La televisione sempre accesa, in diretta dai Palazzi, Meocci guarda sornione scorrere la crisi più democristiana da diverso tempo a questa parte. «Si, ma questa che si muove non è la DC, sono tutti ex-democristiani è vero, ma sono loro, non quel partito o un suo erede».
Insisto, tutto questo scudocrociato vorrà pur dire qualcosa. In fondo, siamo tutti un po’ orfani…
«Le va di scherzare, evidentemente. Intanto, diamoci atto che la vecchia DC è morta. Le hanno scaricato addosso tutte le colpe della prima Repubblica, anche quelle degli altri partiti, e lei si è fatta seppellire. Nei giorni scorsi ho seguito il centenario della nascita del PCI: c’erano tutti, una sequela di peana impressionanti e persino immeritati. Mi sono detto: perché mai non celebriamo noi i nostri cento anni? L’ho suggerito a un vecchio amico, Marco Follini, democristiano come e più di me. Mi ha risposto: a chi vuoi che interessi?»
Come mai il popolo DC non ha l’orgoglio dei vecchi comunisti?
«Questa è una bella domanda. Ma la risposta gliel’ho appena detta. Se dubitiamo che la storia politica dell’Italia della ricostruzione, del boom economico, del benessere non interessi a nessuno allora siamo messi male e questo conforta la mia tesi: non sta rinascendo la DC».
Partiamo però dalle persone in campo e partiamo con Mario Draghi…«Sì, lui possiamo iscriverlo alla vecchia Dc: liceo da i gesuiti, in staff con Giovanni Goria, con Giulio Andreotti. Ma guardi che neppure lui, che oggi può fare la differenza, ha interesse a costruire un partito. Draghi punta a ruoli istituzionali: fa il governo perché necessario e come servizio al Paese, ma appena potrà lo lascerà. Per un altro incarico istituzionale ovviamente».
Okay, Draghi al Quirinale. Guardiamo a un altro diccì: Matteo Renzi.
«Il profilo politico c’è, ma oggi è legato alla sua entità: un movimento attualmente al 2%».
Beh, in un sistema proporzionale il 2% può fare la differenza: la DC ha governato per decenni col 2% del Partito Liberale…
«Intanto, quel 2% aveva un peso specifico ben maggiore, mi scusi. Eppoi è proprio la matrice proporzionale che non va: da noi è l’anticamera dell’ingovernabilità. Guardiamo a questa legislatura: Covid quanto vuoi ma abbiamo dei governi dalla scadenza come gli yogurt».
Provo da un’altra strada: non potrebbe essere la Lega la nuova DC? La Lega di Zaia ad esempio?
«No, la Lega di Zaia non la vedo come CDU, al massimo come CSU. L’unico che può trasformarla in questo senso è casomai Giancarlo Giorgetti che, non per caso, sta gestendo questa crisi e lo sta facendo molto bene. L’attuale evoluzione europeista del maggior partito italiano è opera sua e potrebbe rappresentare una nuova base».
Ah, vede che uno spazio c’è?
«Ma no che non c’è. Mi creda, la vecchia DC a non volerla sono per primi quegli ex democristiani che oggi sono tornati protagonisti di questa fase confusa. Ma è più per demerito altrui che non per merito loro. Infatti, loro – se glielo chiede direttamente – confermano che non ci pensano».
Continuo a sfogliare la margherita: i CinqueStelle?
«Non vedo nulla di democristiano in loro. E non penso che i loro elettori siano contenti di partecipare a tre maggioranze diverse in tre anni. Non basta questo per essere vera forza di cambiamento e di governo come fu la vecchia DC. Vedo però che non mi sta chiedendo di un protagonista importante…»
Ci arrivo: la DC aveva alle spalle una Chiesa forte e determinata. C’è oggi?
«Le sembra che Papa Francesco sia interessato alle cose italiane? Questo è un papa globale, non romano. Guarda al mondo, ai suoi cambiamenti, non certo ai mal di pancia della politica italiana che, con tutto il rispetto, non sono così importanti. Quindi, neppure la Chiesa c’è per fare una nuova DC».
Non crede nemmeno che vi sia un elettorato in Italia moderato, centrista, che sente la mancanza di un contenitore come la vecchia DC?
«Oh sì certo: è quello che vorrebbe la Merkel ma poi ride quando la prendono in giro. Ma la Merkel è una vera democristiana che ha saputo governare, ha saputo scegliere e ha difeso con forza il suo modello politico. In Germania la gente le ha dedicato sei minuti di applausi spontanei. Qui avrebbero iniziato con le barzellette…altro che elettorato moderato».
Sto per arrendermi: neppure qui a Verona, che è sempre stato un laboratorio politico, potrebbe risorgere la vecchia Dc?
«A Verona? Oggi è davvero in vena di scherzi. A parte Guido Gonella, a parte Angelo Tomelleri e Gianni Fontana per un breve periodo, Verona è sempre stata comandata dai democristiani di Vicenza o di Rovigo. Mariano Rumor e Antonio Bisaglia. Quale classe dirigente abbiamo espresso negli ultimi anni? Fatica a rispondere, vero? Beh, oggi Rumor e Bisaglia non ci sono più. E nemmeno le loro truppe scaligere. Così resta sempre il quesito: con chi potrei rifare, oggi, la Dc in città..?»