Sarebbe da riprendere il titolo del Mattino di Napoli all’indomani del terremoto dell’Irpinia: «Fate presto». Il mercato del lavoro veneto è fermo e crollano le assunzioni. Questo scenario emerge dai nuovi dati dell’Osservatorio di Veneto Lavoro che confermano un inizio di 2021 segnato dal contesto di incertezza dovuto dal persistere della pandemia.
Dai nuovi dati dell’Osservatorio si rileva che il saldo tra assunzioni e cessazioni nel mese di gennaio è stato sì positivo, come di norma in questo periodo dell’anno, per circa 18.000 posizioni lavorative, ma inferiore a quelli registrati nel precedente biennio. Netto anche il calo delle assunzioni: -27% rispetto allo scorso anno e -32% rispetto al 2019. Su base annua il saldo resta negativo e pari a 13.000 posti di lavoro dipendente in meno.
“È un mercato del lavoro completamente ingessato, a causa del blocco dei licenziamenti e del ricorso alla cassa integrazione unito alla sfiducia delle imprese – afferma l’Assessore Regionale al Lavoro del Veneto Elena Donazzan. – Il blocco dei licenziamenti e l’uso degli ammortizzatori sociali è una condizione destinata però a non protrarsi. Elemento che mi preoccupa rispetto al pesante scenario di nuovi disoccupati che si prospetta. L’altro aspetto è, quindi, la sfiducia delle imprese. Gli imprenditori non si sono sentiti né protetti né accompagnati, disillusi da ristori insufficienti o del tutto mancanti. E questo sentimento di sconforto, unito al quadro di incertezza complessiva, si traduce oggi nella resistenza ad assumere”. I settori più in difficoltà si confermano turismo e commercio, i più colpiti dalle restrizioni anti Covid. A gennaio registrano rispettivamente un calo delle assunzioni del 79% e del 34%. Nell’ultimo anno i posti di lavoro persi nel settore turistico, compresi alberghi, bar e ristoranti, sono stati circa 14.800.
“Altri 1.400 sono andati persi nel commercio – continua Donazzan – stiamo parlando di personale di supermercati e negozi. Tra le conseguenze c’è l’impoverimento dei nostri centri storici che rischiano così di essere preda di speculazioni straniere. Cito come esempio ciò che sta accadendo Venezia con i cinesi. Fenomeno che è oggetto di particolare attenzione da parte della Guardia di Finanza, che ringrazio personalmente perché grazie alle sue indagini sta facendo emergere e denunciando un fenomeno in via di rapida espansione ben oltre i confini della ‘capitale’ del Veneto”.
Diversi settori industriali, a cominciare da occhialeria e sistema moda, evidenziano grandi difficoltà, a dimostrazione che il blocco del turnover determinato dall’impossibilità del licenziamento tende anche ad ingessare il mercato del lavoro. La pandemia sembra aver risparmiato soltanto edilizia, agricoltura, servizi informatici e terziario avanzato.
Le province ad aver pagato maggiormente gli effetti della crisi sono quelle a maggiore vocazione turistica, Venezia e Verona, cui si aggiunge Belluno, che sta già pagando le difficoltà della stagione invernale e del settore dell’occhialeria. Il saldo mensile di gennaio è positivo in tutti i territori, ma non pare sintomo di una vera ripresa, considerato che si attesta su livelli inferiori a quelli registrati nel 2020 e che la domanda di lavoro risulta in forte flessione ovunque: dal -15% di Rovigo al -48% di Venezia. Prometeia prevede per il 2020 una flessione del PIL regionale pari al -9,3% (rispetto al -9,1% del Pil nazionale) e un recupero nel 2021 del +5,6% (Italia +4,8%).
“I valori della disoccupazione e dell’occupazione – indica Donazzan – sono falsati da un uso estensivo della cassa integrazione e del divieto del licenziamento, che hanno congelato molti posti di lavoro. Mi preoccupano per l’anno in corso il venir meno proprio di tali misure e l’intera situazione del mercato del lavoro del Veneto. In ogni caso, ci stiamo attrezzando per adeguare le nostre misure di politiche per il lavoro alla complessità che dovremo affrontare nei mesi a venire”. “Altro elemento preoccupante che leggo tra i dati è il nuovo aumento degli scoraggiati – conclude l’assessore regionale al lavoro del Veneto. – A gennaio sono state presentate 9.600 dichiarazioni di immediata disponibilità, il 29% in meno rispetto allo stesso mese del 2020. Questo è un dato che ha effetto sul calo del numero di ingressi in stato di disoccupazione e conferma un fenomeno sul quale dobbiamo riflettere”.