La tempesta Vaia, il 26 ottobre del 2018, fu un uragano come mai prima si era scaricato sulle regioni del Nord Italia provocando oltre 2,8 miliardi di danni e la distruzione di un patrimonio boschivo immenso, 42 milioni di alberi. Ebbene, dopo Vaia è arrivato l’uragano del 2020 e logica vuole che avremo sempre più eventi eccezionali in tempi sempre più ravvicinati. «Ad esempio – spiega Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente – i fenomeni del dicembre scorso hanno scaricato sul Veneto una quantità di acqua maggiore di quella registrata nel 2010 e nel 1966. Ma con la differenza che non abbiamo avuto i danni ed i morti dei due eventi maggiori del passato. Ricordo, ben 100 le vittime nella grande alluvione del ’66. Questo perchè un lavoro sotterraneo, spesso invisibile, di manutenzione ha ridotto i punti critici nella nostra regione. C’è molto ancora da fare, ma non siamo all’anno zero».
Vaia ha visto una risposta eccezionale da parte del Governo centrale che ha messo sul piatto un miliardo € con l’obbligo però di investire questi denari immediatamente, nel volgere di appena tre anni. Per fare questo sono state necessarie ben 18 deroghe a leggi nazionali e il superamento di 100 articoli del Codice ambientale. Tutto nelle mani del Commissario Luca Zaia e della struttura regionale che ha potuto così dare il via a 1.515 cantieri. A Verona, colpita anch’essa come tutto il Nord da Vaia, è stata Acque Veronesi a farsi avanti e a presentare alla Regione i primi progetti per l’adeguamento dei servizi urbani al cambiamento climatico. 5 milioni sono già arrivati da Venezia e “messi a terra” dalla società scaligera in tre tranche di cantieri: Viale Cristoforo Colombo (all’altezza della ex Caserma Martini); a Montorio in via da Legnago e al sottopasso di via Chioda). La seconda tranche riguarderà via Albere, la Spianà e la bretella verso A22, Zai ed Aeroporto; infine, un nuovo potenziamento degli impianti in Corso Cavour con un ulteriore rafforzamento della struttura per ributtare in Adige le acque meteoriche che regolarmente allagano la zona di Porta Borsari.
«C’è stato un enorme lavoro della struttura – spiega Roberto Mantovanelli, ingegnere, presidente di Acque Veronesi – per intercettare i fondi regionali e per individuare le priorità. Soltanto a Verona ci sono 110 punti critici da affrontare. Così anche nella provincia dove interveniamo ora a Cerea e Minerbe. Si tratta di lavori che a volte vanno anche oltre il nostro mandato istituzionale, ma noi riteniamo di far parte di una “filiera istituzionale” che ci vede tutti impegnati a dare i migliori servizi ai cittadini. I cambiamenti climatici sono una realtà e questo comporterà interventi continui di manutenzione e impegni straordinari come quelli che affrontiamo ora. E’ evidente che la rete di acque bianche pensata trenta anni fa oggi è assolutamente superata. Non possiamo parlare di “interventi risolutivi” proprio perchè gli eventi meteo diventano sempre più ravvicinati e sempre più importanti come quantità di acqua scaricata al suolo. Proseguiremo perciò nella collaborazione con la Regione e coi Comuni per mettere sempre più in sicurezza il nostro territorio».
Bottacin ha ricordato anche che per le manutenzioni la Regione ha stanziato a spendere 910 milioni€ e che da Roma si attendono i 300 milioni promessi per le emergenze dell’anno scorso. Se questo il sindaco Federico Sboarina ha annunciato che invierà in questi giorni una lettera al premier Mario Draghi per ricordargli gli impegni presi dal Presidente Mattarella e dal suo predecessore, Giuseppe Conte, per un pronto e totale risarcimento dei danni subiti da Verona con l’uragano dell’agosto 2020.