(s.t.) La ricerca non è fatta di chiacchiere, come dice in questi giorni qualche furbacchione lamentandosi dei soldi “sprecati” per cercare su Marte tracce di vita. La ricerca sono anche i vaccini che metteranno la parola fine alla pandemia da Covid-19, sono gli airbag, sono le fibre ignifughe dei nostri divani, sono le innovazioni che ci permettono di inquinare un po’ meno e vivere meglio, noi e il pianeta. Sono progetti come quelli dell’Unione Europea per produrre energia da rifiuti con celle a combustibile, in cui ha un posto in prima fila l’ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, di cui è presidente il veronese Federico Testa. Insieme all’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, alla Technical University of Denmark e al gruppo industriale Solidpower, questo progetto ha messo a punto un processo per produrre energia elettrica dai rifiuti organici, nell’ambito del progetto UE Waste2GridS, cioè “dai rifiuti alle reti” elettriche e gas.
Il cuore del processo è rappresentato dalla tecnologia rSOC (celle a combustibile a ossidi solidi reversibili) che, oltre a produrre energia elettrica da rifiuti, usa l’elettricità in eccesso da fonte eolica e fotovoltaica per produrre combustibile gassoso utilizzabile per i trasporti o da immettere nella rete di distribuzione del gas naturale. “Questa soluzione consente di trasformare in opportunità la gestione di rifiuti e residui organici e di utilizzare l’energia elettrica prodotta in eccesso da fonti rinnovabili che altrimenti andrebbe persa”, spiegano Alessandro Agostini e Claudio Carbone, ricercatori del laboratorio Accumulo di Energia e Tecnologie per l’Idrogeno di ENEA, che hanno collaborato al progetto. “In un contesto di crescente sviluppo di fonti rinnovabili non programmabili, questa tecnologia consente di sfruttare l’eccesso di produzione e migliorare la gestione e la stabilità del sistema elettrico, favorendo l’integrazione tra la rete gas e la rete elettrica”.
Il lavoro condotto dal team ENEA si è concentrato sul valutare la potenzialità dell’Italia ad accogliere questa tecnologia nelle regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Molise e Puglia) che costituiscono una zona ideale in quanto si stima di qui al 2030 un aumento dell’eccesso di energia rinnovabile non programmabile. “Attualmente l’energia elettrica in eccesso viene trasferita da queste regioni al resto d’Italia, ma con lo sviluppo di eolico e fotovoltaico nel mix energetico nazionale, la sovrapproduzione sarà sempre più complessa da gestire, col rischio di rallentare la diffusione e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. Questi sistemi”, – concludono Agostini e Carbone, “consentirebbero di utilizzare questa sovrapproduzione e, in combinazione con lo sfruttamento dei rifiuti organici, di produrre biometano”. Questa tecnologia rSOC favorirebbe gli obiettivi UE di produzione di energia rinnovabile (32% del mix energetico, col 55% di elettrico green già nel 2030) e quelli della direttiva Waste, che fissa nel 60% la quota di rifiuti urbani da riutilizzare o termovalorizzare se non riciclabili.
E non è l’unico passo avanti che ENEA sta compiendo nel riutilizzo dei rifiuti: ha brevettato infatti un’innovativa compostiera per trasformare i rifiuti organici domestici in un compost con elevate qualità agronomiche e nel rispetto dell’ambiente. Il dispositivo consentirà di risparmiare sia sull’energia consumata per attivare il processo aerobico che sulla tariffa per lo smaltimento dei rifiuti. “La compostiera sfrutta un sistema di produzione di energia elettrica con un pannello fotovoltaico integrato nella struttura che alimenta il sistema di aerazione, con una piccola resistenza elettrica per il pre-riscaldamento del materiale posto all’ingresso. Il controllo della temperatura velocizza il processo nei periodi freddi”, spiega Daniele Fiorino dell’area Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali di ENEA.
La compostiera è dotata di 3 camere in verticale separate da pannelli per il trasferimento del materiale per caduta. Al suo interno un sistema di movimentazione del materiale, un apparato di fornitura di aria fresca che sfrutta il calore contenuto nei gas esausti prodotti dalla reazione di degradazione della sostanza organica e un bio-filtro che abbatte la carica odorigena dei gas prodotti. “Abbiamo pensato di progettarla come un elettrodomestico, in una versione autonoma che può essere installata su un balcone, in giardino o nelle utenze isolate. Ed essendo una compostiera domestica stagna che evita la fuoriuscita dei cattivi odori dovuti a rimescolamenti o emissione di aria, la si può anche utilizzare negli interni, allacciata alla rete elettrica invece che al pannello fotovoltaico”, aggiunge Fiorino.
Grazie al compostaggio domestico è possibile ridurre i volumi della frazione organica dei rifiuti, costituiti essenzialmente da acqua, quindi i costi dovuti alla loro raccolta. A regime questo si tradurrebbe in una riduzione della tariffa sullo smaltimento. La quantità di rifiuto che può essere trattato dal prototipo realizzato è di circa 5 chili al giorno, ma è in corso la realizzazione di prototipi più piccoli per un uso strettamente familiare. Si tratta quindi di un formidabile strumento di economia circolare domestica: trasforma gli scarti in risorse, risparmia emissioni di CO2 equivalente e garantisce l’indipendenza nella gestione dei rifiuti organici, permettendo alle famiglie di ridurre i costi. E il design lo integra con l’ambiente.