“Un architetto poliedrico, come lo furono molti colleghi nel dopoguerra: una generazione di architetti di buona scuola che – numericamente in pochi – operarono attivamente in molteplici settori. Amante di Verona e della Lessinia, con il suo “Piano del Parco della Lessinia” ha plasticamente rappresentato la sua passione per l’architettura del paesaggio e per la montagna. Libero Cecchini, Luigi Calcagni e Oreste Valdinoci: in meno di un anno ci hanno lasciato tre figure di architetti che, ciascuno con le proprie specificità, sono state per la città di Verona e per la professione maestri, punti di riferimento e innovatori”.
Amedeo Margotto, nella foto qui sopra, presidente dell’Ordine degli Architetti di Verona, ricorda così la figura di Oreste Valdinoci, architetto classe 1927, mancato nelle scorse settimane, e per molti anni – dal 1963 al 1965 e poi dal 1967 al 1983 – segretario dell’Ordine, quindi presidente dal 1983 all’84. Fine interprete del paesaggio naturale, Oreste Valdinoci fu anche docente di una generazione di geometri e futuri ingegneri e architetti. Bolognese di nascita, arrivò a Verona da sfollato durante la guerra e qui rimase, con la mamma, dopo i primi studi al Politecnico di Milano e la laurea conseguita allo IUAV di Venezia nel 1955-1956. Alle spalle gli studi del liceo artistico, di cui coltivò la passione per la pittura: fino alla fine continuò, infatti, a dipingere piccoli acquerelli, molti con scorci di contrade della Lessinia.
Giovane architetto, incominciò l’attività professionale nello Studio dell’architetto Gelindo Giacomello: qui ha forse respirato quella sensibilità per l’“l’architettura dello spazio sacro” che, rielaborata con fine originalità, lo ha portato a essere precursore di quella sensibilità in ambito liturgico che anche architettonicamente troverà poi una codifica ufficiale dieci anni dopo con la pubblicazione della nota pastorale sulla progettazione delle nuove chiese e sull’adeguamento della forma liturgica rispettivamente nel 1993 e nel 1996. Membro della Commissione diocesana per l’Arte Sacra, Valdinoci progetta, nel 1967, la Chiesa del Buon Pastore a San Giovanni Lupatoto, nel 1968-1969 lavora all’adeguamento della Chiesa di Santo Stefano a Verona con la sistemazione dell’area presbiterale e nel 1972 progetta la Chiesa di Menà di Castagnaro. Progetti, gli ultimi due, che troviamo recensiti nella sezione “Diocesi di Verona” di “Lo spazio eloquente. Architettura sacra nel Triveneto 1963-1986”.
Nel 1987, con l’arch. Giancarlo Pellegrini Cipolla, lavora all’adeguamento liturgico della Cattedrale di Verona – poi modificato in anni recenti -, progetto che trova illustrazione nel catalogo della Rassegna internazionale di “Architettura per lo spazio sacro” di Bologna nel 1996. Suo anche il primo allestimento del Museo canonicale di Verona.
“Progetti che scontano il tempo in cui sono state costruite – ricorda il figlio Massimiliano Valdinoci, architetto, già Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Verona, dove ancora oggi è docente e, come il padre, anche lui membro della Commissione di Arte Sacra della Diocesi di Verona – ma che fanno trasparire una sensibilità matura in ambito liturgico. Insieme alla cattedrale di Lodi, l’adeguamento liturgico del Duomo di Verona era stato considerato uno degli interventi più equilibrati anche per il rispetto dell’esistente nell’uso dei materiali e delle cromie. Oggi faremmo scelte diverse, ma in quegli anni il progetto è effettivamente stato un momento di passaggio: basti pensare che dieci anni dopo veniva istituito l’Ufficio nazionale Beni culturali con cui sono state avviate riflessioni più ampie e articolate sul tema architettura e liturgia”.
Accanto a questi interventi Oreste Valdinoci è ricordato in particolare per aver coordinato e steso, nel 1991-‘92, il primo Piano del Parco della Lessinia per la Comunità della Lessinia – dopo l’emanazione della corrispettiva legge regionale – e il Piano Malghe con mappatura delle 300 malghe esistenti. Un approccio “conservativo”, il suo, ma anche nella direzione di una valorizzazione del paesaggio e dell’integrità del patrimonio degli edifici rurali, con l’attenzione per materiali locali come l’uso della pietra locale. Una vera e propria passione per la Lessinia, di cui divenne progettista, cantore, fotografo e interprete per quella innata e coltivata passione per il paesaggio e la montagna che lo portò ad essere un accademico del Gruppo Italiano degli Scrittori di Montagna (GISM).
Membro dell’Accademia della Lessinia e del Laboratorium Cimbricum – l’associazione che si occupa dal 1974 della tutela della lingua e cultura Cimbra della Lessinia – si deve a lui il primo allestimento del Museo dei fossili di Bolca. Ha collaborato a lungo con la redazione di “La Lessinia. Ieri, Oggi, Domani”; è stato nella redazione della Rivista dell’Associazione Giovane Montagna di Verona di cui condivideva ideali – già membro della FUCI veronese di quegli anni, insieme agli amici Ongarelli e Benciolini – e passione per la montagna.
Alla Lessinia dedicò anche tre libri: Lessinia. Viaggio alla ricerca di qualcosa che scompare, del 2005; Passi nel silenzio. Cammino sulle tracce del lavoro e della storia, del 2009, scritto a quattro mani con Micaela Voltan, fotografa e appassionata di architettura del paesaggio. Più di una guida escursionistica (con mappe disegnate dallo stesso Valdinoci) il testo vuole suscitare un cammino interiore, ripercorrendo il paesaggio di quanti hanno già vissuto. E infine, nel 2011, Due montagne, una valle. Il monte Baldo e la Lessinia in provincia di Verona, coautrice sempre Micaela Voltan. Fu a lungo docente al triennio di Scienze delle Costruzioni all’Istituto Geometri Cangrande di Verona, di cui seguì anche l’ampliamento della struttura. Suo anche il progetto delle scuole medie di Grezzana.