Salta il secondo Vinitaly di seguito: dopo i rumors di ieri (qui) la manifestazione è stata riprogrammata per il 10-13 aprile del prossimo anno mentre è stato confermato il programma Opera Wine a fine giugno, in concomitanza con la Prima areniana. Alla decisione si è arrivati dopo una giornata piena a VeronaFiere per trovare la quadra con le associazioni di categoria e le imprese maggiori per decidere, tutti insieme, di rimandare all’autunno oppure procrastinare direttamente al 2022 salvaguardano però quelle manifestazioni già in calendario sull’estero dove il vino italiano ha necessità di confermare il proprio standing. In attesa della ripresa degli eventi fisici nel nostro Paese, Vinitaly prosegue infatti in presenza sui mercati internazionali, a partire dalla Russia con le tappe a Mosca e a San Pietroburgo in programma dal 23 al 25 marzo. Dal 3 al 6 aprile sarà la volta di Vinitaly Chengdu e poi a giugno di Wine to Asia (Shenzhen, 8-10 giugno). E sarà ancora la Cina ad aprire con il road show il calendario estero autunnale di Vinitaly (13-17 settembre) prima di trasferirsi in Brasile per la Wine South America (22-24 settembre).
Anche l’azionista di maggioranza – il Comune – sta seguendo la vicenda: avere Verona piena di operatori già a giugno sarebbe una boccata d’ossigeno importante per l’economia della città piegata da un anno di pandemia.
Nel frattempo si va stendendo la rete di protezione della politica fra Bruxelles e Roma. Diversi incontri sono in programma coi rappresentanti della maggioranza per avere dal governo Draghi quello che il governo Conte non è riuscito a garantire: ovvero aiuti a fondo perduto che mettano in sicurezza i quattro poli nazionali: Milano, Verona, Bologna e Rimini. La pandemia ha messo in ginocchio il mondo delle fiere: Bologna e Rimini che erano avanti sulla strada della fusione rischiano di non chiudere la partita, mentre Milano ha perso 200 milioni di fatturato e il suo conto economico è passato in dodici mesi da + 34 a meno 34 milioni€ . Il pressing sul governo è indispensabile per far arrivare per davvero i 408 milioni di fondo perduto stanziati da Conte e mai arrivati alle Fiere (a parte un 4%, al limite dell’insulto) che permetterebbero di rintuzzare i bilanci ed evitare di ritrovarsi con l’acqua alla gola a reggere il previsto shopping delle fiere tedesche (che entro giugno avranno in banca ben 642 milioni del governo federale). Bisogna superare la norma di Bruxelles sugli aiuti di Stato che richiedono atti formali di Roma sulla Commissione a conferma dello stato di eccezionalità della situazione.